venerdì 22 dicembre 2017

Alessia Iuliano: Non negare nessuno

La Poesia fa cose strane. Rende fanciulla la maturità e matura la gioventù. Nel senso che persone pure avanti nell'età, e persone che sono appena entrate nel fatidico mondo degli adulti, vengono egualmente "baciate" dalla Musa; perché la Poesia, la vera poesia, non guarda in faccia a nessuno e non si lascia condizionare né dall'età dell'autore, né dalle sue condizioni o dalla sua storia o dalla sua collocazione geografica. La poesia è pura e vera, e prescinde da tutto. Così capita di incontrare, e di riscontrare, la Poesia in una giovanissima autrice, quale è Alessia Iuliano. Scrive Davide Rondoni della nostra poetessa termolese: "Il tentativo di Alessia Iuliano è di perseguire una poesia abitata da una intensa percezione del mondo. La ricchezza di scoperte interiori, le fulminanti illuminazioni, le discese in una solitudine capace di improvvise coloriture, avvengono sempre in relazione a presenze che la voce della poetessa cerca di trattenere, di "fotografare" spesso da scorci originali e vitali." Troviamo questo brano, che condividiamo pienamente, sulla quarta di copertina del libro "Non negare nessuno", CartaCanta Editore, pubblicato da Alessia nel 2016, la prima raccolta poetica della nostra giovane autrice.
In effetti, la poesia della Iuliano si fa strada attraverso un mondo del tutto personale, intimo, fatto di brevi ma intensi attimi di osservazione e di riflessione, che poi lei ribalta, anzi modella, sulla realtà esterna. E così l'autobus della linea quindici, i "rayban" dell'autista, i cani randagi, la stazione con gente che non si conosce… ogni cosa è un "flash" utile per narrare se stessa, per vedersi, per capirsi, in un mondo che sembra lontano, sincopato: come sincopati sono quasi sempre i versi, concatenati, a volte ripresi per chiudere un giro, un circolo dal quale è difficile uscire; perché è la vita, tutta la vita un circolo: "Tornare a casa / è come non tornare / ma perdersi…"
Alessia Iuliano entra quindi con determinazione nell'essenza delle cose, traendone poi il frutto di verità che in esse è sempre celato, quel nocciolo segreto che solo gli artisti e i sensibili riescono a individuare e poi ad esprimere tramite il grande dono dell'arte creativa e della poesia. Parole che non sono soltanto dei meri significati, termini generali ed universali per indicare un universo di sensazioni e di immagini, ma parole ben definite, profonde, provocanti, graffianti, persino coraggiose: per esprimere quello stato e soltanto quello, ben preciso e individuato, o perlomeno cercato (spesso non trovato: come nel principio di indeterminazione di Heisenberg, laddove più ci si avvicina alla particella-verità, più questa sfugge in infinite vibrazioni probabilistiche…). Un punto, uno stato, le parole cuneo di Alessia Iuliano, che, giustamente come opera la grande poesia, offrono successivamente lo spunto per "allargare" e immedesimare il contingente all'universale. "Mi conosco a rileggere versi / dispersi dettagli d'amare / e la veranda in fiore non saprà / dirmi altro / cerchiamo parole / piove": ecco: quel "piove" è la distrazione della poetessa e dell'uomo, nel senso di una consapevole e forse amara e disperata (seppure composta e serena) constatazione di quanto sia irraggiungibile e inspiegabile il perché ultimo dell'esistenza. Ma la poesia, e la poesia particolarmente acuta e sensibile di Alessia Iuliano, aiuta a dare un senso, supporta e ìncita, incoraggia la ricerca e la speranza.

Altre osservazioni e commenti aspettiamo dai nostri lettori attenti che ci seguono su questo blog, dopo aver letto i testi che seguono, tratti da questo bellissimo libro di Alessia, "Non negare nessuno".


Amen – la messa è finita
andate in pace (andate)

andate piano e diffondete

(diffondete)

la parola amen.

Amen.

Dove hai puntato
l'occhio oggi chi
tradisce chi è
il tradito – Dio

mio la confusione
è poco, confusione
è mondo ma ti sento

anche nelle lontananze


***

Questa notte così folta
ha la violenza
delle cose che stupiscono
quando serrata
la bocca non basta

è il tuo gridare
muto, ingiusto
giusto a metà che mi ferma –

perché lui che dorme sdraiato
sul fianco battuto della stazione
è la tua sete a chiamarlo.

Eppure la nebbia congela

mani come bandiere


***


Abbaiano

giù al parco
cani randagi

randagi che fiutano
cani simili a sé

e la notte danza,
le chiome degli ulivi
si voltano


***

Ho camminato.
Raccoglievo la sabbia
il mare
reclamava i suoi frutti
non c'erano
passi, gialli, verdi
l'estate moriva
sui cigli –
prenditi cura, sì.
Prenditi cura degli occhi


***

È all'altezza della vita
anche maggio, con le ginocchia
al maestrale. L'estate
deve venire, ma non sa
ancora il momento non sa
nessuno il tempo
in cui arrivare, andare via.
Battezziamo giorni ore
rimangono per sbagliare

che poi non esiste
l'errore ma santo
il limite
essere creature
e soltanto questo è –

Ho addosso
cuciti milioni di sguardi
nessun rimpianto


***

Può essere luglio,
dicembre

può essere pioggia
tempo che scorre.

E d'improvviso
la fine di tutto, l'asfalto
bagnato e il silenzio.

E allora un sorriso sarebbe bastato
a fare bene del male –


***

L'autista dell'autobus linea quindici
indossa rayban arancio polo azzurra Pescara
è come lui ma è lei

le sopracciglia in matita
e le vele ormeggiate
al ponte delle ciglia.

Porto di stelle di fuochi.
Fumi e fuochi, dove?
l'occhio, il cuore autobus
linea quindici, uomo azzurro
solo occhiali

nello smarrimento sirena
sali nella sera, ti perdi nel mare…


***

E alla fine, proprio
alla fine soltanto questo
rimane: quasar
galassie esplose
come fiori dalle borse

l'universo torre di controllo tre
due, uno – sei stella
azzurro combustione

e la vita
puoi raccontarla, puoi?
***

La luce stamane
addolora
litanie dipinte sui muri
in stazione gente
che non conoscerò.

Ho parlato con uno
ai binari, il treno
tarda a partire e l'anima mia
ha milioni di anni


***

Pescara come passa
il tempo

e già oggi il vento
ha ammutinato l'estate
il traffico non è quello di ieri
ma alla mia camera
resta ciò che sono stata.

Mi conosco a rileggere versi
dispersi dettagli d'amare

e la veranda in fiore non saprà
dirmi altro

cerchiamo parole
piove


***

Tornare a casa
è come non tornare
ma perdersi,
più bosco e le luci
a non dimenticare –

che del silenzio
puoi fare miniera
e dal baratro rotto
partorire bellezza

Testi poetici tratti dal libro "Non negare nessuno", di Alessia Iuliano, CartaCanta editore, Forlì, 2016; prfazione di Valentino Fossati; nota su quarta di copertina di Davide Rondoni.

Alessia Iuliano è nata a Termoli nel 1995, studia Lettere moderne a Chieti e Musicoterapia presso il Conservatorio di Pescara. Dal 2015 collabora con la rivista online ClanDestino diretta da Davide Rondoni e Gianfranco Lauretano. Nello stesso anno, la Word Federation Music Therapy sceglie Thanks to WFMT, canzone di cui Alessia ha curato interamente il testo, come sua sigla ufficiale.
Nel gennaio 2016 viene pubblicata la sua prima traduzione dall'argentino: Il ladro di ombre, Edizioni di pagina; il libro nel maggio del 2016 risulta super vincitore del Premio Elsa Morante Ragazzi. Non negare nessuno, la sua prima raccolta di poesie, è vincitrice del primo premio al concorso nazionale di poesia Serrapetrona – Le Stanze del Tempo 2016, promosso dalla Fondazione Claudi.
Alessia Iuliano risulta inoltre vincitrice del premio Giovani Autori alla XIV edizione del concorso nazionale di poesia Città di Sant'Anastasia, dicembre 2016.


martedì 19 dicembre 2017

Carla De Angelis: "Mi fido del mare"

Un connubio perfetto tra mare e terra, tra l'elemento classico simbolo e metafora dell'ignoto e del viaggio, e la certezza e l'essenzialità della natura, del seme e delle zolle. Un dimidiarsi tra queste due forze, che con l'afflato e la bontà dei versi, semplici ma scaltri e profondi, si amalgamano e si fondono in un tutt'uno, quasi risacca gentile a lambire la rena o promontorio di terra aggraziato a protendersi verso il largo. Questa l'immagine che scaturisce dalla lettura di "Mi fido del mare", della poetessa romana Carla De Angelis, eccellente scrittrice e solerte organizzatrice di eventi culturali nella Capitale e nell'accogliente sede della Biblioteca Renato Nicolini a Corviale.
Mi fido del mare è dunque una raccolta di poesie (92, per la precisione), generalmente brevi, senza titolo, che la poetessa ha pubblicato recentemente per i tipi di Fara Editore. E' un discorso continuo, il suo, quasi un poema, in cui si nota l'urgenza del dire, la quasi inesauribilità del racconto poetico, che non si disperde e non migra verso altre connotazioni, bensì resta compatto e univoco pur nelle infinite sfaccettature e lacerti, spiragli di luci, riflessioni e speranze, che la poetessa abilmente riesce a mostrare, attraverso il sottofondo della sua scrittura che il lettore volenteroso e attento sa subito interpretare. "Mi fido del mare" è il titolo della raccolta ma nello stesso tempo è il nucleo centrale dell'ispirazione poetica dell'autrice, l'asserto fondamentale da cui ella traccia e indica il suo percorso (che diventerà anche il "nostro" percorso) attraverso le luci e le ombre del vivere quotidiano, laddove è necessario armarsi di amore, di rispetto verso la natura e il creato, e soprattutto di speranza ("rapino la speranza a un chicco maturo"). Dal suo dettato poetico, diretto e illuminato, appare evidente il forte senso di accettazione della realtà, nel bene e nel male, ma sempre supportato e confortato dalla speranza e dalla ricerca dell'autenticità nelle cose e nell'uomo: "Ho pesato l'oro e l'argento / il sale e la farina ho aggiunto / acqua quanto basta / ho modellato una docile palla / e mentre giocava a lievitare / ho gettato un sasso nel rettangolo di gesso / A occhi chiusi resto in bilico sarà, non sarà / Qui c'è sempre il sole". Nonostante tutto, dunque, "qui c'è sempre il sole", afferma con coraggio e fiducia la nostra brava autrice, dedita ad un lavoro letterario costante e proficuo, ammirevole e interessante, non solo per la produzione e pubblicazione di raccolte come questa "Mi fido del mare", ma anche per l'impegno profuso nel promuovere e organizzare eventi culturali di grande rilevanza, a Roma e anche in altre sedi.

Riportiamo dunque qui di seguito una nostra selezione di testi tratti da "Mi fido del mare": i nostri lettori e tutti gli amici che ci seguono sapranno sicuramente aggiungere qualche gradito ulteriore commento.


La cura dell'orto inizia dalle piccole cose
un soffio di luce dove la vanga
spinge la paura che ondeggia
una canna la trattiene
un sudore tiepido ritrova la primavera
nei solchi fluttuano le parole
i merli segnano il confine alla fatica

C'è un odore buono ci sarà un buon sapore
non mi sottraggo al dubbio
la differenza è nel seme o nella terra?


***

I merli danzano lontano dall'uva
sanno che i tempi non sono maturi
nessuna traccia di succo dolce

Camminando ho udito
una richiesta intima e infinita

Come può riposare il corpo
devastato dalle cose del mondo?


***

Ho sentito il rumore di una foglia
parlava mentre
intrecciava il chicco di terra
dava il benvenuto
augurava buona vita con il sole e con la pioggia
insieme a farfalle rapite dai colori
ai passi dell'uomo che muto alzava lo sguardo
al battito d'ali d'un passero

(non è il vuoto che fa paura è la sofferenza
di chi sta accanto a rendere insopportabile
anche il respiro)


***

Ancora una volta andrò in spiaggia
fra la schiuma e il suono delle onde
lascerò una promessa e una storia
mai raccontata

sarà una rivelazione
senza astio senza arroganza

Mi fido del mare


***

Non sappiamo fare di più che
apprendere a vivere e morire

E credere di vivere ogni giorno
insieme a nostalgie che spingono altrove
come la corrente un tronco sul fiume


***

Amo la poesia
sollievo della parola
nascono emozioni che prima si attorcigliano
poi si dispiegano in versi

Vengono avanti li sento comporsi
su sentieri che credevo impervi

Così camminando procedo e incontro
un amico


***

Potresti attraversare la vita con noi?
È così piena di spiriti e briganti
Dove sono gli angeli? La mela?

Dammi un verso come fosse poesia
ne sento l'odore
il fruscio quando mi passa accanto
un grido raduna i minuti
li porta verso sera

Continuo a sentire il ritmo di ogni sfumatura
attenta a quel verso che cerca l'approdo


***

Questa poesia non è fantasia: Che forse
il colore della luna è meno benefico del sole?

Un flusso bianco, immagina storie sempre
più svelte
tante quanti sono gli alberi della foresta
così di tempo ne rimane

Dall'alba al tramonto è tutto quello che occorre
per colmare suoni immagini e pensieri

Questa poesia non è fantasia
è uno squarcio tra i raggi del sole


***

Eppure amo questa vita che fa di me una
persona
impreparata inquieta

Voglia di restare un po' ragazza
studio le parole
veglio l'angelo che dorme sul fiore
cerco l'oro luccicante nel mare

Nella chioma delle nuvole intravedo
quel giallo prezioso come la fede:

Dio poi formò l'uomo con la polvere
della terra e soffiò sul volto
e divenne uomo

(Testi tratti da "Mi fido del mare", di Carla De Angelis, Fara Editore 2017; prefazione di Alessandro Ramberti)

Carla De Angelis è nata e vive a Roma. Sue poesie e racconti sono presenti in riviste e antologie edite da Perrone, Estroverso, David & Matthaus, Limina Mentis, Delta3, Pagine, Aletti. Ha ricevuto vari premi e riconoscimenti. Con Fara ha pubblicato in poesia: Salutami il mare (2006), A dieci minuti da Urano (2010), I giorni e le strade (2014). Con Stefano Martello ha realizzato i saggi: Diversità apparenti (2007), Il resto (parziale) della storia (2008), Il valore dello scarto (2016). Suoi versi nelle antologie Il silenzio della poesia (2007), Poeti profeti? (2008), Chi scrive la fede? (2013) e nella antologie del Concorso "Come farfalle diventeremo immensità" (ultima Il coraggio del bene, 2017). Nel 2011 esce Mi vestirei di mare (Progetto Cultura). Ha ideato e co-curato le antologie Corviale cerca poeti per la Biblioteca "Renato Nicolini" di Roma con la quale collabora tuttora.


sabato 9 dicembre 2017

Rosa Salvia e il suo "Giardino dell'attesa"

Dell'ottimo Samuele Editore, sempre attento nella selezione di opere letterarie e in particolare poetiche di sicuro interesse, proponiamo qui di seguito alcune poesie tratte dal libro "Il giardino dell'attesa", della poetessa romana, ma di origini lucane, Rosa Salvia.
Qualche breve riflessione su questa gradevolissima pubblicazione è d'uopo, ma soltanto per contribuire ad una maggiore diffusione del libro e della sua Autrice nel mondo letterario attuale, se mai ce ne fosse davvero bisogno, constatata la notorietà, la bravura e la qualità indubbie della poetessa.
Ciò che principalmente ci ha colpito, nella lettura della raccolta, è stato il progetto creativo fondato essenzialmente sulla figura del "giardino", anche se poi il libro si completa con ulteriori idee poetiche, non ultime la sezione "Intermezzo" con versi brevissimi, quasi degli aforismi o addirittura haiku, che esulano, almeno in apparenza, dal filo conduttore principale, che resta il "giardino" con tutti i suoi corollari e collegamenti metaforici e allegorici più o meno forti.
Ognuno ha dunque un proprio "luogo" dove incentrare, o meglio proiettare, tutto ciò che è positivamente complementare alla propria quotidianità, al proprio vissuto. Si tratta evidentemente di un luogo, di uno stato, piuttosto "segreto", personale, intimo, coltivato e amato proprio in virtù del fatto che in questo luogo, e da questo luogo, acquisiscono ricchezza e significato gli aneliti e i misteri della vita, le emozioni e, insomma, tutta la sfera sentimentale e spirituale dell'uomo. I Poeti in modo particolare, ma tutte le menti e i cuori creativi, si relazionano a questo "luogo" interiore/esteriore fatto di verità e di valori ineccepibili, basilari, a questo "angolo" del loro mondo quotidiano. Rosa Salvia esplicita questo "locus" nel "Giardino dell'attesa", dove la nostra Autrice colloca e fonda la sua filosofia e il suo credo artistico, traendone esiti di alto lirismo e di grande condivisione da parte del lettore attento e sensibile, che sa leggere oltre la filigrana del dettato poetico, peraltro accattivante e fluido, pur nella giusta sobrietà ed essenzialità dei versi.
Il "giardino" di Rosa Salvia è in effetti una sorta di mondo ideale, una visione propria della vita, tendente alla bontà della Natura e della terra, con i suoi frutti e le sue creature, e con un forte senso escatologico. È un mondo "rovesciato", con le radici dell'albero nel cielo: "il giardino sopra la casa è un punto, un paese, il locus dove si trova il seme e lo spazio che accoglie quel seme". Il giardino è dunque il ricettacolo della verità propria e dell'uomo, di tutti gli uomini, perché è posto al di fuori di un mondo che contamina e comprime, ma è anche la proiezione dell'anima, quella parte di noi che non si lascia corrompere né sviare.
Il libro prosegue, come dicevamo, con altre costruzioni poetiche, sempre di ottima qualità e preservando lo stile e la forma personalissimi, consoni ad un progetto poetico complesso ma uniforme, con testi che trattano largamente ricordi (per esempio "Monte Lifoi") ma anche la natura e le sue creature.

Un testo davvero interessante, che offre spunti di riflessione ulteriori, come proponiamo ai nostri amici che ci seguono su questo sito, dopo aver letto e gradito la selezione dei testi presentati.

Il giardino dell'attesa

Il giardino sopra la tua casa
è un punto, un paese,
il locus in cui si trova
il seme e lo spazio che accoglie
quel seme.

Il giardino è un albero e la terra in cui
quell'albero mette radici.

Il giardino è un albero di noci
il terreno a cui esso fa ombra
e sul quale lascia cadere i suoi semi.

Il giardino è un punto
a cui il campanile coi suoi rintocchi
unisce in un unico cerchio
la musica empedoclea dello sfero.

Il giardino è una frenetica linfa
è un filo di ragno
un sentimento e un pensiero
come il respiro di Saffo.

***

Risvegli

Il giardino stremato comincia a sottrarsi
alla morsa del gelo.

I rami nudi degli alberi, non più pietrificati,
paiono scorrere nell'aria come capelli.
Rigagnoli neri corrono fra cuscini di neve sporca.
Tra i tetti di ruggine e acqua scivola un gatto.

Il tuo corpo assapora lo sboccio dei fiori
e si scioglie con loro
sotto un sole ancor fresco di sonno.

La sua danza stupisce la terra.


Il giardino è paziente
nei suoi piani e denso
accanto a una spina di rosa
si sviluppa e ferisce,

accanto all'improvvisa svolta
nell'ora degli scavi,

si ramifica
in compagnia di ricordi,
è il gioco della pentola
e il dondolio dell'altalena,

la pelliccetta rossa
e i fagioli per la tombola.

Tutto scorre,
ma uno solo è il corso delle cose.

***

Monte Lifoi

Fra le sue buche e le sue gole
mentre incalza l'impervia salita
più leggero si fa il peso
del vivere più lungo il raggio
del pensare –

Sulla cima appena un fiato
che imbruna –

Nella valle il paese fuma –
la torre normanna attende pensosa
nella screpolatura dei tempi
un'aurora di storia.

Scendendo la china
riprendi la gravità del corpo
un osso sbiancato
dal nuvolo grigio dei camini.

Li vedesti tutti.
Sedevano con i loro abiti scuri
sulle sedie a raggiera
attorno al feretro.

C'era Bianca, Tarulli, Tituccio il ferroviere,
Fifì, Salvatore il farmacista, Vitantonio.
C'erano altri vicini di casa…
I nomi li ha con sé il vento.
Parlottavano fra loro in sordina
o tacevano con l'aria compunta –

Pareva che dormisse satollo
come non lo era da anni
tuo padre.

Tituccio s'alzò di scatto;
incerto ti fissò a lungo.
Gli tremava, debole, la bocca
un poco, poi tentennò il capo.
<<Con quale treno sei venuta da Roma, Rosa?>>

***

I resti del castello

Un raggio abbracciava in una nuvola
i resti del castello
e un minuto dopo era una pioggia
    sottile
che si scioglieva sulle pietre.

In una calma stupita fatta di foglie
e di nulla
sentivi come una scia di presenze
che mormoravano sottovoce
le loro misteriose preghiere.

Sul diario fissavi un nome,
una stella,

e dell'eterna immagine
                           il senso e il dolore.

***

La civetta

Poetessa dell'aria, invero, è la civetta
su quell'angolo di tetto del campanile
in cui all'alba apprende, assorta, la
lezione del silenzio.
Sta zitta, guarda in giù sporgendo e
stravolgendo il capo al giorno che si
apre in una sfumatura, in un filo d'erba,
in un sorso d'acqua. In un saluto.
Il tocco dell'orologio segna le sette e
tinge di rosso il suo petto. Il tempo si dilata,
teme che qualcuno rapisca i suoi pensieri.
e quando dalla strada s'odono schiamazzi
replica a gran voce nella sua lingua
simile a Musa sdegnosa e rabbiosetta.

***

Un bruco qualunque

Un bruco qualunque andava a passeggio
alla sua goffa maniera,
lordandosi di polvere.

Si trascinava dietro le tenui vibrazioni
del respiro
vedendole riflesse lungo i muri,
in ritmi, disegni, forme
d'una sintassi che produce
cose aeree come il vento e la luce.

***

Bisogna pensare alla madre

Bisogna pensare alla madre come terra inerte
e al tempo stesso bramosa di frutti
perché, nel gioco fra passività e desiderio,
lo spirito maschile compia la sua riproduzione,
a distanza,
come si addice al sole che, con l'energia dei suoi raggi,
scalda la materia e causa la vita –

Là dove non sei sicuro di sapere se esisti.

Testi tratti da: "Il giardino dell'attesa", di Rosa Salvia, Samuele Editore, 2017; prefazione di Pasquale Di Palmo.

Rosa Salvia è nata a Picerno, in provincia di Potenza; vive a Roma dal 1986. Docente di Storia e Filosofia nei Licei, ha esordito nel 1991 con il romanzo breve La parola di Elsa. Tra le sue successive pubblicazioni in versi: Intermittenze (Aletti, 2003), Luce e polvere (Aletti, 2005), Le parole del mare (LietoColle, 2007, Premio Internazionale di Poesia e Narrativa "Cinque Terre – Siro Guerrieri" e Premio Nazionale di Arti Letterarie, Torino), Mi sta a cuore la trasparenza dell'aria (La Vita Felice, 2012), Dolore dei Sassi (Puntoacapo, 2015). Ha meritato diversi riconoscimenti letterari, fra cui la menzione speciale al Premio Montano 2016. Testi editi o inediti sono stati pubblicati in diverse antologie. Per la critica letteraria, il saggio narrativo Frammenti di un discorso poetico, è stato segnalato al Premio Montano 2015 (sezione prosa inedita).


Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà