mercoledì 29 febbraio 2012

Floriana Coppola : il tempo è un felino assonnato sul davanzale

Così sembra prendere corpo questa entità misteriosa che chiamiamo tempo, nelle poesie di Floriana Coppola che qui ospitiamo. Si tratta solo di un breve saggio/assaggio della forza plastica creativa della nostra poetessa, ma già sufficiente ad indicarci chiaramente la bontà di un procedere lirico cadenzato, morbido, ritmico, dolceamaro, consapevole. Sembra esserci, nei versi di Floriana Coppola, un latente desiderio di fuga controllata da tutto ciò che è inquadrato e schematizzato a priori, un anelito di libertà (il felino assonnato sul davanzale!) dai cliché usuali che non si riferisce soltanto alla condizione femminile, ma verosimilmente alla natura umana stessa, che per definizione deve poter "essere" autentica, al di là di ogni sorta di legame o di senso di colpa che possa in qualche modo deteriorarne la realizzazione.
Le seguenti poesie, tratte dalla silloge "Sono nata donna", Boopen Led Edizioni, e una breve dichiarazione di poetica della stessa autrice, saranno sicuramente gradite dai lettori che ci seguono su questo blog, ed agli stessi chiediamo di aggiungere un loro gradito commento.

Come vampa liquida langue

Come vampa liquida langue
il nostro legame, cesta divisa
un nodo stretto alla gola
asfissia inaspettata
 intermittenti distrazioni
         distrazioni denunciate dichiarate sofferte
reali come i nostri occhi cocenti
stolta lacerazione 
tra noi e il mondo
volevamo spostare le montagne
con scudi ingenui e baionette di cartone
l’una e l’altro armati
cosa ti aspettavi?
cosa mi aspettavo?
solo per caso e solo per poco
un tratto di strada insieme
diminuisce  la distanza necessaria e poi
l’ elastico incauto troppo tirato si  spezza
ora rotolo inferma sul selciato
inerme oggetto gettato altrove lontano
               con leggerezza mi hai pensato
             con leggerezza mi dimentichi
l’anima si fa  materia calda
filigrana ferita e macchiata  si oscura
ogni strappo un incontro mancato
oltre i miei fantasmi accucciati
nei cassetti della stanza
ho tirato fuori il mio cumulo di ossa
tintinnano come monili al vento
siamo nel passato disciolti
il teschio gioca con le orbite
pur di sostenerti
e legarti a me

***

Figlia

Sono figlia del tiranno
del barbaro dell’uomo delle caverne
figlia della sua ira
dell’avida gola
e lo slancio vitale
chiuso nell’alveo rosso dell’umore
stringe il polso
ferma il passo

mi dispiace, Silvia Plath
il tuo volto ancillare
chino sul forno acceso

siamo figlie della distratta prepotenza
dell’insana distrazione
figlie del danno subito e poi taciuto

la mandorla acida laccio molesto
siede sul  cuore

il vertice ficcato nell’anima
chiodo e scure che taglia
squarcia il gesto alato

cammino
con il mio fardello sulla schiena
e mai come oggi
il futuro e il sogno
sono spille preziose
sul mio petto

***

Oikos

Prima la casa
l’ordine immacolato delle stanze
la polvere sulle cose
e ogni cosa al suo posto

il cuore ha passi da gigante
e fremiti d’ali
il tempo è un felino assonnato
sul davanzale

preparo la cena
mangio  di corsa
le mani pronte a servire
 le mani anticipano il bisogno
appena accennato
mani veggenti  dell’ospite
leggono il desiderio

…sei  nella mia reggia assolata





dorata prigione
esilio cancellato 
stazione di passaggio
inattesa tana di sempre
prima casa paterna
poi maritale oikos

taccio la mia esclusione
a voi tutti
          sono una candela
          che brucia e si consuma
          sulla vostra mano!

***

Agar

Nessuno è felice senza l’altro
legato in cento nodi
al dolore d’argilla umida
l’altro alza l’indice distratto
veloce la condanna
muri innalza invalicabili
intrecciando ghirlande di rancore a maggio
nessuno è felice così
ma guardo  la piana morbida
la rugiada  sui fiori di vetro
cammino seguendo il fianco di pietra
sono in fuga
ho lasciato la mia casa
le strade conosciute
la ferita aperta sulla mano
la cucina delle discussioni accese
la pentola sul fuoco
le cinque dita prima chiuse in pugno e poi aperte
ho lasciato tutto
le attese i genitori gli amici  i figli
gli amanti i datori di lavoro
lì nell’armadio di noce della  stanza
incellofanata bene la mia anima
stretta con uno spago preso in fretta
e parto

la chiave ha fatto
due mandate
nella serratura graffiata
e ho cassato il mio nome

***

POESIA per RE-esistere
(Riflessione rielaborata dell’introduzione all’antologia “Alchimie e linguaggi di donne” del Festival della Letteratura di Narni, a cura di Floriana Coppola)   

La scrittura del verso entra con prepotenza nella vita delle donne e degli uomini che fanno cultura e che tentano di lasciare una traccia del loro farsi persona nel mondo.  Possiamo trovare nella poesia accenti epici e familiari, linguaggi formalmente ricercati e altrettante coloriture più semplici della parola fino a liricità più complesse e sperimentali. Ma ogni testo fa radicalmente i conti con il bisogno profondo di dare espressione alla sapienza esistenziale, alla voglia di riflettere  su se stessi e sugli altri, di raccontare il proprio universo, di costruire relazioni che partendo dalla parola scritta approdino ai significati più profondi della nostra vita. Troviamo nei versi la  volontà indiscutibile di leggere la relazione tra l'uomo e la donna, tra la persona e il mondo,  focalizzando ogni dettaglio reale all'interno di un contesto simbolico, che passa dalle pareti domestiche/familiari alla militanza politica e sociale. Non è facile quindi parlare di poesia  fuori dalle accademie e dai registri formali ma la poesia può diventare  traccia concreta del bisogno di esprimersi delle donne e degli uomini in modo diretto e autentico. La poesia è quindi soprattutto capacità di ascoltare quel mistero interiore che prende forma nel sogno della parola e si incarna nella ricerca alchemica dei suoni. Nel rispetto delle differenze e delle diversità dei linguaggi, ogni poeta crea uno spazio condiviso di attesa e di amplificazione. La poesia vuole rimanere  una forma particolare di resistenza attiva, non chinando la testa ai dictat della società contemporanea, opponendosi in modo radicale all'unica celebrazione delle relazioni commerciali basate sullo scambio economico, sul tornaconto personale, sull'autoreferenzialità, sulla velocità di sfruttamento tra persone che diventano merci e sogni che diventano prodotti. Invece la poesia è gratuità, è ricerca interiore, è volontà di espressione, non ha prezzo, è un genere assolutamente fuori mercato e impegnarsi per farla esistere vuol dire anche contrapporsi alla logica che solo ciò che è consumabile ha dignità di esistenza. La poesia  dialoga con il passato, con gli uomini e le donne che hanno lasciato una traccia di sé, perciò diventa conoscenza e memoria di una comunità.  Ricordiamo tante voci di poeti e di poete,  la loro tenacia creativa che le rende “resistenti”, attraverso la scrittura, ai vortici distruttivi della vita. 


Floriana Coppola vive a Napoli, dove insegna materie letterarie negli istituti superiori. Scrittrice, poeta e collagista, specializzata in Analisi Transazionale, perfezionata in Didattica e Cultura di genere e in scrittura autobiografica, socia dell’Associazione Etica Pubblica e della Società delle letterate, ha scritto racconti, romanzi e sillogi poetiche incentrate soprattutto sull’emersione dei problemi e dei linguaggi femminili. Ha pubblicato il romanzo Donna Creola e gli angeli del cortile, Guida Lettere Italiane e la silloge poetica Il trono dei Mirti, Melagrana onlus editore. Le è stato conferito nel 2009 il premio giornalistico e letterario “Marzani” organizzato dall’Associazione Campania Europa Mediterraneo. Ultimo suo lavoro la silloge Sono nata donna, Boopen LED 2010. Dal 2011 è  curatrice dei Quaderni Antologici di Poesia “Alchimie e linguaggi di donne” Photocity Edizioni. Nel 2011 ha curato insieme a Ketti Martino dell’Antologia poetica “La poesia è una città” Boopen Led e ha collaborato alla rivisitazione del Secondo Quaderno di Letteratura e Filosofia del Festival di Narni. 

giovedì 23 febbraio 2012

Pietro Pancamo: il giorno che saltella


Una poesia che non va scemando e affievolendosi in meri tentativi di liberare anima e pensiero creativo, ma che invece si rafforza e acquista vieppiù pregnanza e vigore esplicativo in un excursus in salita; un poeta altresì impegnato attivamente e quotidianamente, anche nelle varie e utilissime propaggini mediali che la rete offre, sta offrendo, per una diffusione sempre più capillare della poesia stessa: questo, in sintesi, il quadro di un autore, Pietro Pancamo, e della sua produzione letteraria che merita di essere presa in seria considerazione, fra le tante "false bandiere" che sventolano sul campo impervio della poesia, e che garriscono solo in virtù di un forte vento pubblicitario.
Ma il lavoro del poeta è silenzioso, quando è nella fase creativa e introspettiva, per poi poter urlarne giustamente e con rispetto tutto il messaggio fermentato e ricco di verità. E le poesie di Pietro Pancamo rispecchiano questo iter: una poesia così vera, che alla fine è essa stessa, attraverso le parole giuste, a parlare in prima persona.
Proponiamo qui di seguito alcuni testi, e il lettore attento, come sempre saprà aggiungere qualche propria riflessione in merito.

Dalla silloge edita «Manto di vita» (LietoColle):


Spiegazione di un giorno 

Il giorno che saltella
lungo le impronte delle mie scarpe;
il giorno che saluta frantumato,
quasi appostato
fra le dita.
Ogni minuto è fluido di rumori:
sbattono le ali
contro pannelli d’aria. L’impatto
vibra di scherno:
è un lazzo di sdegno
voluto dalla mia notte.

*** 



L’ironia 


Indosso la magrezza
con la disinvoltura
di chi ironizza.


Eh, ironia
con te la disperazione
è filosofia!
Ma senza di te,
ahinoi,
la poesia
è pura (mera) melanconia.


***



Somiglianze 


A quest’ora
ogni paese
è un fagotto
di stelle e di buio.


Ma lo è pure
questo cielo vagabondo
(guscio d’aria e di respiri)
che stringe in un solo mondo
città, mari e tempeste.


Ma lo è pure
questa via
(intirizzita di pioggia)
col suo buio
incatenato ai lampioni
e un po’ di stelle
che sussurrano al mio palazzo
la ninna nanna:
vedo tante finestre
chiuse fra perimetri di sonno.


A quest’ora
ogni uomo
è un fagotto
di buio e di stelle.


***



Disprezzo ai tramonti

Se la morte gira:
cimitero a vista.

Come disprezzo
questo mondo
nel quale si vive
solo per evitare
noie al motore.
Se il rombo dei pistoni movimentati
è felicità,
lo stridor di denti della frenata
che sarà?
Delusione? Depressione? Confusione senza pari?
Oppure lo scatto nervoso
dell’uomo che, dal finestrino,
ha visto una puttana a puntino?

Quando la morte gira:
seppellire a vista.

***

Dalla silloge inedita "Gli intercalari del silenzio":



FILOSOFIA

Parole e frasi sono gli intercalari del silenzio
che smette, ogni tanto,
di pronunciare il vuoto.

Allora qualche indizio di materia
deforma l’aria,
descrivendo le pause del nulla
prima che il silenzio
si richiuda.
(Le mani s’infrangono
contro un gesto incompiuto)

***

DELUSIONE

La bravura simbiotica delle rime a incastro.

Il sogno è un conservante,
l’additivo artistico
per rimodernare
ambizioni letterarie,
o speranze, sopite ad honorem.

Comunque il sole
non è bello come prima.
Adesso mi pare una vecchia fotografia.
Il particolare, anzi,
di una vecchia fotografia
... ritagliato via
dall’alone di un sorriso.

***

PIRANDELLIANA

Vecchio! La vita?
Ti piaceva…
«Sissì… Beh
in fondo vivevo
solo per ricordare me stesso:
per non avere rimpianti
o rimorsi».
E la seguivi, allora.
La seguivi!
«Sissì…
Magari non per nobiltà
o entusiasmo
o speranza. Nonnò…

Per una ragione, invece,
molto più romantica:
perché non mi scacciava…

Ma sì! Poi l’eco di uno sguardo,
l’eco di uno sguardo
s’infrange nel cuore:
e tutto quello che resta da vedere
è il desiderio di guardare».






Pietro Pancamo (1972) coordina il portale «L(’)abile traccia» (citato in un volume della Zanichelli); è redattore del blog collettivo «Viadellebelledonne», nonché direttore editoriale e conduttore di un programma che, intitolato «Poesia, l(’)abile traccia dell’universo», va in onda ogni giovedì alle 22:30 su Pulsante Radio Web, emittente digitale di Milano.
È autore di «Manto di vita» (LietoColle, Faloppio, 2005), una silloge di versi che ha suscitato l’interesse di Giancarlo Pontiggia. Compare nelle antologie «Poetando. L’uomo della notte» (Aliberti editore, Roma-Reggio Emilia, 2009) e «Mentre un’altra pagina si volta» (Giulio Perrone Editore, Roma, 2010) curate rispettivamente da Maurizio Costanzo e Walter Mauro.
Fra le riviste da cui è stato recensito – o su cui ha pubblicato (talora in inglese) poesie, articoli o racconti – figurano «La poesia e lo spirito», «Tuttolibri» (inserto de «La Stampa»), «Poesia» (Crocetti Editore), «Poesia» (blog del canale televisivo Rai News), «Scriptamanent» (Rubbettino Editore), «Poeti e poetastri» (sito a cura dell’Agenzia letteraria “Perroni & Morli Studio”), «Gradiva», «Atelier», «La Mosca di Milano», «Stilos», «El Ghibli», «Corpo12», «Lettera.com», «Subway Letteratura», «Sagarana», «Il Paradiso degli Orchi», «BooksBrothers», «TerraNullius», «Oubliette Magazine», «Progetto Babele», «Tangram», «InFonòpoli», «Books and other sorrows», «Filling Station» (quadrimestrale canadese) e «Snow Monkey» (periodico statunitense).
Recensioni a sua firma sono uscite sia nel sito della rivista «L’Indice dei libri del mese», che in quello dell’edizione fiorentina del «Corriere della Sera».




venerdì 10 febbraio 2012

Ugo Piscopo e i suoi "Familiari"

"Familiari", un lusso che uno si può concedere tardi nella vita. In limine, dunque, e quasi postumo. Il lemma, ovviamente, si costituisce nel segno della fedeltà, biografica (per le consuetudini dialogiche con gli amici) e intellettuale (per il riferimento a precisi modelli: gli umanisti, gli epistolografi, ma innanzitutto Petrarca). Ad esso, però, è consegnato anche altro, tra cui, innanzitutto, le ragioni dello stile. Il quale si fonda su un registro linguistico non aulico, non accademico, non illustre, ma quale si conviene tra persone che si conoscono, abituate a discutere fra loro in maniche di camicia, tolleranti verso le digressioni, le impertinenze, le improvvise sospensioni, le contraddizioni dell'attimo, le citazioni note e non note, le alloglossie. Oltre che verso le soste narrative sui fantasmi che attraversano i nostri sogni e le nostre visioni.
Ecco, questo è il "biglietto di viatico" scritto dallo stesso autore, Ugo Piscopo, per introdurre il suo percorso poetico nel recente volumetto intitolato, per l'appunto, "Familiari" (Edizioni Oèdipus, postfazione di Ciro Vitiello). Si tratta dunque di un percorso poetico singolare, da realizzare insieme con gli amici e persone che si conoscono, in "maniche di camicia", come suggerisce lo stesso autore. Ma non per questo la poesia di Ugo Piscopo, che è senz'altro uno degli esponenti di maggior spicco nel panorama della poesia italiana, per la sua lunga e assidua frequentazione, studio, ricerca e apporto di nuovi elementi di stile e di contenuti, è meno alta e di tono minore, in questi "Familiari", rispetto alla sua produzione letteraria e poetica precedente e attuale; anzi, direi che proprio in questo interessante e gradevolissimo volumetto si estrinseca in modo ancora più avvincente e, sotto certi aspetti, anche intriganti: con la sua vasta cultura e la padronanza assoluta del lessico e della parola poetica incastonata in un verso denso e musicale, ricco di immagini evocate e ri-evocate, con termini attinti anche dal mondo classico e da una preziosa tradizione linguistica territoriale, Ugo Piscopo dà prova, ancora una volta, di essere un letterato e un poeta di prim'ordine, e importante riferimento per tutti coloro che seguono e attuano questa particolare forma espressiva che è la poesia.
Offriamo dunque al lettore attento alcuni versi tratti dal volumetto "Familiari" di Ugo Piscopo, per gentile concessione dell'autore, ringraziandolo, e ringraziando anche tutti gli amici che vorranno lasciare un loro eventuale commento.

Cosmonauta ognuno

Con figure e blocchi di cifre a schiera
uno zio pedante spiega a un bimbo
schemi di ricorrenze e concordanze
e insiemi di perfette asimmetrie
quali una piena mattina d'estate
che è tutta la vita di un moscerino
o il lato scorrere di un anno nostro
nell'addensarsi di sette anni al cane

il bimbo filma fissa lava stampa
e ne sviluppa sue assorte sequenze
del moscerino dell'uomo del cane
cosmonauta ognuno su traiettorie
e spirali proprie a spinte e programmi
discordanti in tutto se non nel viaggio
per sé di ciascuno in nube che va
con le altri nubi e tutte le altre cose

***

E/migrante

(Frammento di lettera
lasciato in fondo al taschino di un vecchio gilé
d'un emigrante in America che riflette su parole e fatti)

e-migrante giusto aunito e giusto fellato
perché è uno e due e forse tanta gente ancora
è due quando che è uno che sta di qua e di là
e quando che sta di qua non ci sta di qua
come quando sta di là che non ci sta da quella parte
e che quando è proprio uno è uno per dire uno
che va buono fellato a sanguiccio e mortadella
proprio come e-mi-gran-te che è la fine del mondo
tu tagli e subito cade la e e che niente succede
perché tutto quanto ci succede è manco di niente
nothing taliano boy come dice la modha
sciòr mai brodho e mi caccia alla cuccia
sotto alle scale con le sue vecchie sciuse
e alla fine esige la pezza perché è una rumma
e meno male che tengo la rumma che è già una sciorta
è questo che io considero quando vado e quando torno
vado alla giobba che è notte e conta come giorno
una notte falsa come Giuda travestita a luce
e poi stiamo nel giorno che aspettiamo il giorno
e questa è l'America e questo è l'emigrante
che la notte fa giorno che il giorno non si vede

***

La vasca nera

a gerardo di fiore

su tè sul tè in slingueggiare rovenze
di velluto e scutrettolii purpurei
a las cinco de la tarde
tie' a marcatrè e perchennò?
via anche sul quattro è un belridere che è
li-llà propriollà opplà ppplàa
e gli fa da palo a trentaquattro
a randa a randa nella ronda
ad abundantiam e crepinvidia
sul tre e sul quattro tête-à-tête
a te tra tra tràc
a tetra sì a tetraciclina no
a tetraedro infine e a quadrilatero
manco a Peschiera così preciso

si è schiantata la piastra del black-out
stira Sansone e tutti i filistei
spastato il compluvio nell'impluvio
impazza impizza impozza impupazza
buio pesto che è una festa di tetrità
un'allegoria oscura che non è scura
alluma nella vasca di Gerardo
un capolavoro di viola violato violante
che sviolina a te e a me a tutti e tre
e se dici quattro male non è
perché tre o quattro siamo
più di trentaquattro e più ancora
prezzemolini spezzettati spruzzati
come va va dalla punta delle dita
pezz pezz zi zzi zzzi
pizzini pizzini pizzini
viva il mare nei cucchiaini



***

Ore 19,34

stra straluna nostra luna
cche luna sta terra nostra
Azzurra stramba di randa
sul lago d'un giorno di festa
ad occasum aurei solis vergens
lì dove un granello di sabbia impazzito
in coitus interruptos strozza il congegno
ed è deceptio
rovesciato calzino la voluptas
lì dove ibi ubi
graffia grigna gri
il grido dell'attimo trema
con artiglio di lampo
graffia sul palinsesto
a saldo di conto
un griffato di sterra
straterra che fa di sé strame
nec non et nec non et
horrendos mugitus nunc adhuc edit
ex Daedaleo labyrintho Cretae
atque adhuc horret
in horreis defossis in apricis hordeis
e ride del cyber del moderno del post
se è terra sopra sotto la terra
ride sottosopra la terra
sulla terra a terra
terram terit ubi ibi et teret
ibi terret ubi tremuit
teste Seniore
in area tritici sui ipsius
ex terra quantum mutata ab illa
ex milibus milium seminibus
stratis in somnio contubernali
un quantum horae
uno scaglietto di tempo
ilare inebriato di sé
della sua eternità allo stremo
va e fa
come mamma comanda
la vendetta del passato che torna
indicando con l'ombra del dito
l'ubiquità dello scempio infinito



Ugo Piscopo (Pratola Serra, 1934) poeta, scrittore, studioso di letterature comparate e di arte contemporanea. Benemerito della scuola, della cultura e dell’arte, è stato professore e preside nei licei (1958-1983) e ispettore del Ministero della Pubblica Istruzione (1983-2000). Dal 1963 al 1967, ha insegnato al Liceo Italiano di Tripoli, per conto del Ministero degli Affari Esteri e ha tenuto corsi di lingua e cultura italiane per stranieri. Nel 1983 ha vinto il concorso per ricercatore di Letteratura italiana presso l’Università degli Studi di Salerno. Ha svolto e svolge un’intensa attività letteraria ed è autore anche di testi teatrali. Come poeta, ha pubblicato le raccolte: Catalepta (1963), Jetteratura (1984, Primo Premio Gallicanum 1984), Quaderno a Ulpia la ragazza in mantello di cane (2002, Primo Premio Minturnae 2004), Haiku del loglio e d’altra selvatica verzura (2003, Menzione speciale al Premio Sandro Penna 2004), Il ricordo del tempo di un bimbo che misura (con Gianni Rossi, 2006), Presenze preesistenti. Pietre di Serra di Pratola Serra (2007, secondo Premio Penisola Sorrentina 2007), Lingua di sole. 12 haiku + 1 e una breve epistola (2008).


Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà