sabato 2 settembre 2017

Il "Cuore quarantena" di Giulia Bravi

Una giovane poetessa, ma che ha già maturato fortemente la propria spiccata inclinazione per la letteratura e in particolare per la poesia (da notare il suo eccellente percorso in quest'ambito, e i riconoscimenti ottenuti in importanti concorsi letterari). Parliamo di Giulia Bravi, nata a Rimini, studentessa universitaria a Bologna. Meritatissimo il suo primo premio ottenuto l'anno scorso a Napoli, al concorso "Il Banco dei Poeti" indetto dalla Fondazione Banco di Napoli e svoltosi nella prestigiosa sede dell'Archivio storico del Banco di Napoli; in giuria Maurizio Cucchi, Davide Rondoni e Melania Panico.
"Cuore quarantena" è dunque il frutto di questo importantissimo riconoscimento: un'opera davvero encomiabile, pubblicata per i tipi di CartaCanta Editore, Collana I Passatori, con prefazione di Melania Panico e postfazione di Davide Rondoni.
Ecco cosa dice del suo "Cuore quarantena" la stessa autrice, in sintesi:

"Cuore quarantena è una raccolta di poesie nata dall’incontro con le storie contenute nell’Archivio Storico del Banco di Napoli e messe a disposizione dalla Fondazione in occasione del Premio Il banco dei poeti. È il mio incontro con le persone, i fatti, i luoghi che abitano quelle pagine antiche – inesauribili scrigni di nomi e di giorni.
Questo libro è la mia voce prestata a storie che non possono morire, a uomini che continuano a chiedere di essere ascoltati. Mi hanno chiesto la parola e io gliel’ho data. Sono loro questi versi."

In effetti, il coraggioso e direi riuscitissimo modo di ideare e realizzare una complessa e originale costruzione poetica ispirandosi e basandosi sulle storie antiche conservate nell'Archivio del Banco di Napoli, è la dimostrazione tout-court che vera, autentica poesia, è la ricerca di temi diversi, di continue instancabili speculazioni interiori (e sul mondo esterno!) rivolti ad esprimere, in modo poetico, tutto ciò che in qualche modo ha "sconvolto" o perlomeno interessato, stuzzicato, affascinato, la propria anima e la propria intelligenza creativa e artistica. Giulia Bravi ha trovato questo "canale" di ispirazione nelle storie dell'archivio, rimanendone "poeticamente" impressionata, profondamente interessata, tanto da riuscire a produrre quadri poetici che, traendo spunto dalle storie originali, ripropongono fatti, situazioni e personaggi dell'attuale vissuto dell'autrice.
Ma ora invitiamo i nostri lettori a leggere alcuni testi della nostra autrice, tratti dal libro "Cuore quarantena", per esprimere poi, se lo desiderano, ulteriori graditi commenti.

Nota:
I seguenti testi sono tratti dal libro "Cuore quarantena" di Giulia Bravi, CartaCanta Editore, Forlì, febbraio 2017, Collana I Passatori. Prefazione di Melania Panico, postfazione di Davide Rondoni. Silloge vincitrice del Premio "Il banco dei Poeti", Napoli, 2016

(Da: Hecce Homo
1590)

Che l’amore fosse sangue
lo imparò in ottobre.
Le lenzuola bianchissime
la sua pelle tutta avorio,
un Ecce Homo appeso
che la guarda.

*
Era stato il regalo più prezioso
quel quadretto di panno,
era d’argento e d’oro:
un Ecce Homo.
Appeso nella camera
da letto, lei non voleva
non riusciva a guardare
il sangue, non sapeva
leggere l’allarme
rosso di quell’uomo.

*
Che l’amore fosse sangue
e che il sangue fosse rosso
lo imparò in ottobre.
Fabrizio
era l’amore, il suo vizio
la passione precipizio.
Lei non guardava mai
l’Ecce Homo, ma
la carne del suo uomo,
il lenzuolo bianco
della pelle.

*
Il sangue nel corpo
non basta, è troppo poco.
Arriva, li vede,
non sa dove colpire
lo fa senza guardare.
Lei non sente niente,
vede solo il sangue
correre sui ricami
bianchi del letto,
dice solo un nome
“Fabrizio”.
Non sapeva
proprio non sapeva
- lo imparò in ottobre -
che la passione fosse sangue
rosso, punizione.

*
E chiedersi nell’atto ultimo
il gesto estremo
quando ho iniziato a perderti
le diagnosi sbagliate
l’amore sempre imperfetto
ma eri mia quel giorno
e tutta bianca, quando
hai iniziato amore
a sporcarti, il difetto?

*
Lanciare il sasso
non ti restituirà i suoi occhi
non ci sarà l’amore
da seppellire
ma solo il corpo
negato, sottratto
il respiro. E ora
un pizzico di terra
sopra il viso bellissimo
che non poteva essere tuo.


(Da: "Cuore Quarantena"
1656)

Il sole ti ha seccato le labbra
ti sei privata dell’acqua
– che beva lui, salvalo…
Speravi che la fine
dei tempi volesse te
sola, lui no, non
poteva, lui
era forte, gli occhi
giaguaro, quelle mani
lasciarle mai
no, non voleva…

*

Ritorni a casa, il fiato
manca, mancano le parole
tra la laringe e le labbra
scorrono, si perdono.
Manca la presa
della mano, il cuore
per dire: amore
quarantena.
Sono questi i comandi
dati dai soldati.
Ma lo vedi a letto
il suo cuore giaguaro
che respira, il viso
rosso, il suo respiro amaro.


(Da: "Gli Incurabili",
1683 – 1763)

Ursola chiedeva: toglietemi il sangue
dalle vene; Ursola una volta
era bambina e rideva,
diceva di parlare con una rosa,
si feriva le dita bianche. La spina.
All’Ospedale degli Incurabili
arrivata a trentatré anni
internata, ricoverata per pazzia.
Le tagliarono le unghie cortissime
– si feriva le braccia, i polsi.
Le mancavano le rose:
per tutta la vita ne cercò le spine,
i tagli sul corpo – quella presenza,
la voce che non doveva dirle addio.

*
Stai calma, bambina, donna
che non ha saputo crescere
tra queste braccia.
Forse qui, tra queste mura,
avrai tregua, troverai riposo,
la tua bonaccia.
Non so con che voce dirtelo
con quale ritornello
è l’ultima ninna nanna
che ti canto
figlia mia
bambina mai cresciuta,
la mia donna.

*

Il medico dell’Ospedale degli Incurabili
è il maestro dei matti nella Casa Santa.
Lo vedi passare in ogni stanza:
sa correre dietro agli urli
di vetro dei pazienti. Ogni chiamata
non porta il suo nome, nemmeno l’eco
di “mastro” nei corridoi. È il male
che entra dalle porte e grida.
Non c’è pomata. Lui calma
con quel passo affrettato
i deliri dei pazzi, il dolore
che continuamente chiama.

*
Sa bastare la terra
per raccogliere tutti i corpi?
A Napoli lo Tridici
il cimitero: trecentossessantasei
fosse. La terra può
contenere un corpo
al giorno, anno bisestile.
Oltre le mura lo Tridici
raccoglie trecentossessantasei
corpi, oltre i suoi cancelli.
Sa bastare la terra
per raccogliere tutti i corpi?
Si prepara la barra lunga,
il tavolone di castagno.


Giulia Bravi è nata a Rimini nel 1996. È diplomata al Liceo Classico e studia Lettere, curriculum Culture Letterarie Europee, all'Università di Bologna. È stata vincitrice dei premi: Edgardo Cantone (2014, 2015, 2016), Agostino Venanzio Reali (2014, 2015), Il Banco dei Poeti (2016). Frequenta il Centro di Poesia dell'Università di Bologna e collabora con la rivista letteraria "ClanDestino", diretta da Davide Rondoni e Gianfranco Lauretano. Suoi testi compaiono su riviste, blog di poesia e nella trasmissione televisiva In che verso va il mondo, a cura di Davide Rondoni.

Cuore quarantena è la sua opera prima.


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