martedì 19 febbraio 2013

La poesia di Narda Fattori

Narda Fattori è una voce poetica importante dell'attuale panorama letterario italiano. Importante e interessante, anche perché è una di quelle persone che, oltre a frequentare con meritato successo il mondo poetico (il suo Nome è ben noto), si impegna attivamente nella diffusione della poesia, partecipando a vari incontri ed organizzando eventi letterari.
La sua poesia, come ebbi a dire in una nota sul suo ultimo libro, "Le parole agre", è senz'altro rispondente ai requisiti essenziali della poesia più alta, cioè a dire: la ricchezza polifonica e plurisignificante della sua parola poetica, in un susseguirsi melodico nel verso, dove acquistano giustamente importanza e vigore espressivo grazie ad una costruzione ispirata e indovinata, frutto della sua indiscutibile esperienza letteraria e poetica.
Proponiamo qui di seguito alcuni suoi testi inediti, chiedendo ai lettori di aggiungere qualche gradito commento.


Ai disperati

Le intermittenze del desiderio
s’adattano alle incognite del buio.

Si grattano scaglie d’ interno dolore
Psoriasi dell’anima.
Nessun sorriso oltre i muri bassi.
Si scrivono con inchiostri indelebili
condanne ad libitum eseguibili.

Molte le intermittenze dell’amore
sul bianco terrore dell’atarassia
cuore di sabbia in territori ignoti
dove copula dolore con dolore.
abbrunita ogni bandiera.

Fidati come farebbe un cane.
Come un cane .
Credi all’onda che chiama e richiama
sono nessuno a dirti ti amo.
Non guardare. Non voltarti. Non piegarti.
Non so niente di domani ma

impastiamo terra con terra mani con mani
la pena si fa lieve quasi si vola.

***

Canzone di Eva

Ah io non so più amarti
disperata regina di cuori
non ho pudore d’amore
mi ripasso sull’indice
dietro l’orecchio il ricciolo
dei tuoi capelli. Io Eva
ho scambiato l’amore
per un amaro seme
di trigonometrie

sul mio ombelico piangi
che io ti resti sempre a ridosso
che ti culli il terrore delle ossa.
Io madre amante sorella figlia
l’altro da te che sono io
imperfetta simmetria

Io madre che sempre dà
piegata al dominio delle assenze.
Ma io ti ho fatto per il ritorno.

E sempre sei tornato al latte
del mio seno a coricarti
sul mio ventre casa ultima estrema
quando l’asso pigliatutto muscoli in vista
torna con la ferita nella mente
le ossa vuote l’urlo nelle orecchie.

Siamo rimaste le mie sorelle ed io
a tessere la vita a colmare
panieri di pane oblativo
in attesa - anche sui marciapiedi
simulacri di madre- a riprenderti
bimbo che ha dimenticato il pianto.

E sempre mi trovi – amante -
Abbiamo pagato pegno.
Io resto. Se cadi ti curo.

***

Di noi

Abbiamo i lati oscuri esposti
alla radente luce dell’ovest
vespertina e breve

abbiamo mani inabili
al termine di braccia corte
che non arrivano ad abbracciare
un gracile bambino
un vecchio dalla pelle trasparente.

Pensieri senz’aria televisivi
vagano per i supermercati
s’allargano in rotonde cittadine
s’infrangono su specchi di vetrine.

Le unghie biancoperfette
graffiano dorsi come cortecce
lisce a linfa chiara
che non riescono ad uscire
dal lungo inverno abbronzato
da lampade UVA.


All’ammasso numeri in statistica
e i viaggi sempre lontani e i pensieri
sempre più corti bisettrici
di angoli statici di noi stasi che monta
come un’ ira sottesa e smangiata
fumi da palude o da deserti.

Ma quanto attesa resta prima- vera
luce di stella.

***

Dei tempi

L’acqua del fiume pettina i sassi
e li distende su un giaciglio d’ombre
per tinche e trote

l’acqua che scende dal tetto
dilava i pensieri rugginosi e grevi
li fa scendere lungo le grondaie
fino a perdersi nei canali fognari
ma non c’è acqua cattiva
forse sono cattivi i pensieri
mai lavati dal sole
pensati all’oscuro pescati fra i tanti
e l’acqua li sfugge per non farsi inquinare
e continua a lasciare sul fondo
cocci di cuori estinti
maschere di cartapesta
per un carnevale di frivolezze senz’aria
per trombette di carta e coriandoli

e i bambini restano senza costume
senza lazzi e spade di cartone

tutto hanno requisito gli adulti
e l’acqua scorre s’allontana e ritorna

oh capitasse di vedere un girotondo
di mani intrecciate senza artigli…

***

Canzone degli addii

Ci siamo abbracciati sotto l’arco
che s’apriva nella piazza
l’addio è stato una formalità
c’era un a rivederci fra le stelle
nella notte nitida e brillante
che ci trapassava il petto

non dolore non doveri non averi
un addio senza colonne da ragionieri
così come fanno i ragazzi che
si piangono sulle spalle e s’aggrappano
alla maglia quasi forse un’ancora
dopo l’addio nel mare aperto
alle burrasche alle onde alte
allo strillo di gabbiano sgraziato
sopra il ventre azzurro
che ci volle uomini e pesci
uccelli e insetti fiori e biancospini

ci siamo abbracciati nel sonno
ancora tante volte per ritrovarci soli
in un’alba irriverente che non si cura
della tazzina sbrecciata del caffè amaro
anima mundi l’amore con dentro
tutto il dolore.

***

Canale di Sicilia

I pescecani sentono da miglia e miglia di distanza
l’odore della paura che viene dai disperati

si imbarca acqua copriti sorella e tu bimbo
qui stretto fra le mie braccia – chiudi gli occhi
non guardare in faccia la morte . Ha gli occhi cattivi
noi non abbiamo più niente per quietare la sua fame.

Da schermi digitali quasi in diretta scene di delitto
cadono ad uno ad uno poi a gruppi fra flutti scuri
migranti dalla pelle nera bellissimi occhi di bambini
pieni di stupore –non avevano saputo che litalia
entrasse nei polmoni a riempire alveolo su alveolo
senza respiro ma in tempo per vedere il tuo braccino
in bocca al pescecane.

E poi il buio. O canti della mia gente o danza di piedi
o fame e zanzare e mosche vacche dai fianchi magri
e le mie mamme -dove sono le mamme

Ma tu griot continua a cantare canta non cessare
la poesia dei semplici ha vite da salvare.

Narda Fattori è nata a Gatteo, dove vive. E' autrice di numerose pubblicazioni di didattica per diverse e qualificate case editrici. Numerose sono anche i suoi libri di poesia. Ultimamente ha pubblicato "Le parole agre", ed. L'arcolaio, Forlì, con prefazione di Ivano Mugnaini.

giovedì 14 febbraio 2013

Carmen Gallo e la sua "Paura degli occhi"


"Abito nella tua assenza come in un paese straniero": questo verso iniziale potrebbe essere il nocciolo fondamentale della linea poetica della nostra giovane autrice napoletana, Carmen Gallo, la quale dimostra di possedere già un suo forte dettato, incisivo e diretto, a volte trepido, costruito con grande sicurezza e consapevolezza del proprio talento. La sua è infatti una poesia discorsiva e riflessiva, con la quale lei stessa cerca di colmare gli spazi vuoti e freddi della quotidianità, o della banalità dell'esistenza quotidiana. Cerca gli anfratti, gli stretti, gli angoli delle stanze, per giungere alla luce ed alla positività della vita.
La "Paura degli occhi" è una sua recente silloge, apparsa nell'Antologia "Registro di Poesia #5" per le Edizioni d'If di Napoli, e qui di seguito ne riportiamo alcuni brani. La nostra poetessa merita di essere letta e seguita, per cui chiediamo ai nostri affezionati amici lettori, di aggiungere un loro gradito commento.

Da Paura degli occhi,  pubblicata in parte in Registro di Poesia #5, Edizioni d’If, Napoli 2012.

Abito nella tua assenza come in un paese straniero
ogni notizia che giunga da te
abbatte aerei, rovina raccolti
la dura sostanza del limite
costruisce mura tutt’intorno al cielo bucato
ho foto, miniature preziose
ho grammatiche della confessione pronte al macero
il nostro orizzonte verticale erano i cardini della porta
i tarli hanno risparmiato solo loro

ma noi così immobili
come potevamo rinunciare
al nostro essere porta infinita
passaggio per l’inverno
noi la cecità degli ancora vivi
finestre sul buio incandescente


***

Era un’eccezione
il buco della serratura
l’angolo nella stanza
solo in prospettiva era concessa
una tremolante via di fuga, un’occhiata
Alla finestra del vicino
ancora e di nuovo
trattenere a stento la pelle
tra pareti che cadono dall’alto
poi le linee scure, trame che non ricordo
avevano maglie troppo larghe
per ricucire le finestre
e giocare
a battaglia navale fra le nuvole
perdevi sempre tu --
come ora, nella casa in disparte
dove non sono più giochi
i nostri finti suicidi
ci siamo finiti davvero
tra le luci di un altro

***

È arrivato il dono, il fuoco
il rosso
È arrivata la terra, la città
che non conosco
e dovrebbe essere facile
a questo punto
sistemarvi al centro
la lama visibile dei polsi
la schiena curva delle parole
e lasciare che gli occhi sentano
che la pelle infine veda
ma la mano ancora trema
ed io resto immobile
a guardare la trama
che hai scelto per me
la sollevo e penso
scegli me
scegli me

***

Lo stretto e il necessario
attraversa lo spazio
tra l’impero e il suo contrario
l’insonnia gira intorno agli occhi
cerca un varco per farsi mare
e in tanto piove addosso
la tua legge divina
burocrazia del creato
allunaggio mancato
ufficio reclami
dei giorni dispari e pari

nella stanza mani vanno e vengono
e si respira il sale
delle ferite da cicatrizzare

inclinare il piano del sacrificio
e in silenzio chiedere aiuto
nel varco delle braccia
nel vuoto delle braccia
farsi mare, e cancellare l’acqua

Messina, novembre 2010

***

Ora che si fa più vicina
l’ora del ritorno
che a distanza di ciglia
sento il petto andare e venire
l’armonia delle sfere
e l’ingranaggio del sale
stride l’unghia sui denti
e la bocca nell’aria raccoglie parole
Le tue parole, le tue parole
che tu venga o che parta
porti sempre le tue parole
come strade, ponti, tetti
le tue parole hanno il profilo
delle città liberate dalla guerra
come voci vicine alla fine
hanno il colore delle cupe in cui s’infiltra il sole
a chilometri di mancanza
sento il fiato andare e venire 

Carmen Gallo (Napoli, 1983) lavora all’Università "L’Orientale" di Napoli e si occupa di letteratura inglese, in particolare della poesia metafisica inglese (Donne, Herbert, Crashaw). É stata due volte finalista al premio Mazzacurati-Russo per la poesia (2009-2010; 2011-2012), e al premio Subway Letteratura-Sezione Poesia 2011. Nello stesso anno, ha ricevuto la menzione d’onore al Premio Montano. Alcuni testi sono stati pubblicati in antologie (Registro di Poesia #3, 2010 e Registro di Poesia #5, 2012, Edizioni D’If, Napoli). Con Tommaso Di Dio, Alessandra Frison, e Domenico Ingenito cura gli incontri di lettura di giovani poeti “Fuochi sull’acqua” che si sono tenuti a Milano, Napoli e continueranno nei prossimi mesi in altre città italiane.

lunedì 11 febbraio 2013

Altri inediti di Alessandro Canzian


Con molto piacere riproponiamo qui di seguito dei testi poetici di Alessandro Canzian, che, come sappiamo, oltre ad essere un valente poeta, è anche molto attivo nel campo editoriale, essendo il responsabile della "Samuele Editore" di Pordenone.
Alessandro Canzian conferma ancora una volta, con questi suoi recenti inediti, la sua particolare bravura nel cogliere e fissare immagini, flashes e sensazioni anche minime, in un contesto di vita abitudinaria e trasognata, e renderle poeticamente significative, con un discorso breve e diretto, ma essenziale.
Coloro che ci seguono, sapranno sicuramente aggiungere qualche altro gradito commento, e per questo li ringraziamo fin da ora.

Il latte

Il cartoccio del latte e le campane.
Gli stracci nella stanza.
La gatta che da fuori la finestra
vuole la colpa
d’essere l’unica a mangiare.
La stufa accesa. Le calze colorate.

***

La casa 

È un sofismo anche la tenda
arrugginita della doccia.
La fuga delle piastrelle mai pulite
- gli arabi ci contavano gli anni
prima di morire -, la scala
che ogni giorno fa gli indiani
e il battito sottile delle gambe
della vicina che guarda la tv.
 
***

Dalla finestra

Le montagne sembrano capelli
sai, quando piove e le scale
delle case sono gelate,
e i lampioni sono accesi,
e gli aliti fumosi.
Potresti pettinarci gli inverni
se solo avessero significato.
 
***

In treno verso Taranto

Dai finestrini sporchi il freddo.
La neve in mezzo ai campi.
Il paesaggio sa di case
e di cose che non tornano.
Sono cose anche le persone
che nel freddo non respirano.
 
***

Ferrara

Le travi di freddo e neve
alla stazione di Ferrara.
La troppa chiarità non mostra
nulla, i filari non scandiscono
i binari, Dio non lo puoi
guardare nemmeno di spalle.

***

Senigallia

E così si arriva al mare.
Alle ciminiere alte una maceria.
La ragazza che legge Hemingway
ha negli occhi lo stesso verde
che s’ammuffisce contro i muri.
Pare un tempo che non passa.
 
***

Bologna

Un sorriso. Una facile stagione.
La ragazza ha le calze lunghe
e le labbra che sanno d’alcool.
Altri si tengono per mano.
Più in là una svendita d’usato
fa da memoria
da mercato, per cartoline. Una,
forse rumena, legge le carte,
come tutto fosse conoscibile.
 
***

La lampadina

Puoi anche non essere possibile.
Una macchia, uno spruzzo di caffè
a terra per sbaglio. La perfezione
quotidiana è anche la muffa
di ragnatele sulla doccia. È la
porta che non si chiude a un lato.
È il silenzio della casa, feroce,
la lampadina scoppiata.

domenica 3 febbraio 2013

Rosemily Paticchio e il suo "Incipio"


E' un amore primordiale quello che sembra muovere la penna ispirata di Rosemily Paticchio, una vera rivelazione poetica, a mio parere, di questi anni; ed è un ingresso prorompente e meritato, perché nella poesia di Rosemily si nota subito quella forza, quella determinazione e quell'afflato che alimenta di continuo il verso, in un susseguirsi cadenzato di dichiarazioni, di immagini, di emozioni. E' una poesia da "principio", dove la nostra poetessa vuole collocare il punto essenziale del mondo, scaturigine di tutte le cose: "Prima di tutto era la gioia di neve, l'improvviso stupore del ghiaccio...". Una genesi quasi biblica, che vede però perdersi l'umanità quando sarà il momento di separare il "Sogno" dalla cruda realtà fisica di un mondo in perenne evoluzione.
Proponiamo qui di seguito alcuni brani della silloge, intitolata appunto "Incipio", pubblicata da L'Arca Felice Edizioni; gli amici lettori che ci seguono potranno, come sempre, lasciare un loro gradito commento.
La foto di copertina è di Rossella Venezia.

***


Prima di tutto era la gioia di neve 
l’improvviso stupore del ghiaccio 
nel contatto gelido
era la corolla a invocare il bocciolo
il nettare a contemplare la sostanza. 
Prima di tutto era l’assenza straripante di colori
era l’insieme riassuntivo dei teoremi
la grazia nascente di un batterio 
nel primitivo pulsare di elementi. 
Prima di tutto era un nome
senza nome
l’impronunciabile antimateria 
che declinò in polvere 
autografata da uno zero. 
Prima di tutto era la fiamma
che bruciava lenta senza sapere
la matrice che coniò il primo stampo
Era la gestazione di un seme
un agguato teso alle sorgenti del sole 
un sogno dentro al sogno
una lotta sovrumana contro il tempo.

***


Poi venne... la Separazione dal Sogno

Qui vi è il margine di separazione
dal Sogno
che il silenzio oltrepassa sulle punte
e un librarsi d’ali spinge nel vento
come tempio sospeso tra nubi
con l’arcata che pende dal cielo
e arcobaleni finemente illustrati
quali nicchie di un abside esterno
che l’andar via sottile dei corpi
lo svestirsi degli abiti
in un soffio di voliera azzurra 
rende la gabbia possibilmente semichiusa
sulla zona d’ombra di un micro-universo
e gli uccelli in suoni convulsi
eseguono melodie incendiate
a ritmo crescente.
Potremmo salpare qui dove le sponde
di muschio bianco videro le gondole
migrarsi oltre l’Oceano della Scienza
perduto sulle scie d’incenso!

***

Incipio

Io non partecipo all’incipiere del giorno
non odo i trilli delle albe pungenti
ma dimoro soltanto
nei posti estesi prescelti dalla mente
tengo la rotta scura del crescersi diverso
ho bocche da  sfamare
come lupe d’inverno
espressioni aperte a colonizzare
le visioni di un insieme
orifizi tesi a cogliere il soliloquio
di un dialogo imperfetto
Imperfette Desinenze.
Nessun posto abitai per intero
ma gravitante fui tra i boschi
rigogliosi di un tempo
dove poggia il morbido piede
dorme il mio ventre allegro
                                        sulle Tracce 
dell’ombelico profondo
le andature distorco sul sentiero.
E se così pervenni alla nascita
a non sbavare i contorni
ciò che tremo in fondo è l’orlo
non  le cime più alte.

***

Eco di Fantasia

In questo vago dolce nutrimento
s’aggira inquieta una flotta di segni
d’incerti voleri dissolti
al brillare di sguardi lucenti
ogni presenza in barca ciondola
tenendo stretto tra denti di piombo
il suo sogno integerrimo.
L’acqua che proviene sublima
la superficie del vetro
sui ciottoli fragranti di passi.
Che sia  un’eco di Fantasia
o il frantume di schegge  taglienti
di per sé vuotoflesse
se sostare soffoca il fiato
se la salvezza di un lume è esigere
lEnigma esistente
sulla carrucola di sogni e desideri
Andiamo pure!
Un grande atrio spalanca l’emisfero
ricevendo il rosone dei viventi 
il cui esercizio dei poteri è immenso
nel contrappasso che genera l’ascesa
lo scioglimento del rosario ai vespri
50 grani fluorescenti al tocco intenso
di membrane e particelle
che in congiunzione cercano gli anelli.

Ma in fondo è debole la mensa 
e si resta in preghiera
nei nostri umili panni lisi.

***

Spazi segreti



Come esiste mughetto tra i fiori di campo
esiste luogo d’incanto
che non risiede ma ci ho visto viaggiare
su battelli sospinti a vapore
la creatura leggera e slanciata
a pochi passi da Dio
con l’anima assetata di cristallo
straripante di petali e forme
nel respiro un infuso di tisana
e vapori di agrumi sul volto
coinquilino dell’erba rugiada.
Sorge eterno e complanare all’altro
incolmabile Spazio a Spirale
scavato nel tunnel di un ipotetico viaggio
mentre intorno è pieno di ordigni
pronti all’implosione
vaganti sulla polveriera nera.
Luogo in cui Realtà, Sogno
sedimentano nel mucchio informe
nello stesso agro infinito saffollano
in giacimenti sorgivi
Vanno su locomotive fumanti
interminabili spazi segreti.



***

Dendros_01 (Anima mundi)

Nella sosta lieve, nella veglia profonda
nel riposo inviolabile
di una foresta in_vergine
dimora d’illusorio nonessere
si carica il solfeggio di uccelli
con armonie di tempere a fresco
s’ode il canto della dura corteccia
narrante la sinossi di un albero e dei suoi anelli.
Udire i rami è di alto intelletto
le spirali traboccanti di segni
la sfilatura dei tralci
e tessitura di sfere concentriche!
Si dilata nei polmoni aperti una chioma
dai fitti misteri a tratti sinchina
con la direzione del vento, a tratti si ferma
con lo sguardo rivolto a rotondi di cielo
come un magnete che si beve la luce
per fotosintesi del piccolo progetto.
Ogni ramo è un abile arciere che la
 lancia affonda nel petto di un confitto
orizzonte
e sul sipario fecondo e redditizio
si riflette tutto il bagliore suo
                                             Anima Mundi!


***

Dendros_02
(Via del Silenzio)


Nel segreto dei boschi
sinoltra un cammino
di segnacoli accesi per la Via del Silenzio
di una stele raminga sul prato
che pigia gli apici dei clandestini rigagnoli
i molteplici antri cardiaci
di minuscole larve sommerse.           
Ora è un pioppo dallo spacco tortora
ora un cipresso
la cui ombra è il sottobosco di un regno
le propaggini un osservatorio immobile
orientato a nervo scoperto
verso il mantello cucito di pelle.

Sembra fermo il ventricolo destro
eppur si muove
rigenerato di linfa nel sangue
sembra ferma la rugiada appesa
eppur si sfracella                      
Figliando Goccioline
ogni goccia è un riverbero di arteria
un sussulto nel silenzio della selva.

Muto è il ramo ad imperare
sullabisso del pineto
muto è il passo d’animale o uomo
sulla stola d’aghi pungenti, come
l’Abitare d’ogni quieta creatura
con un solo gesto di presenza.


Rosemily Paticchio, poetessa leccese, esordisce in campo letterario nel 2012 con la pubblicazione della raccolta poetica “Prima che i germi”, nell’ambito del volume antologico “Retrobottega 2” (CFR Edizioni), con saggio critico di Gianmario Lucini, e successivamente con il libretto di poesie “Incipio” per la collana Coincidenze di Arca Felice Edizioni, a cura di Mario Fresa. Negli ultimi anni ha pubblicato suoi componimenti in varie antologie di Perrone Editore e partecipato a concorsi letterari, vedendo pubblicate alcune poesie nelle relative raccolte antologiche; altre sono state selezionate e pubblicate nell’ambito dei Premi “Verba Agrestia 2011” (Lietocolle) e “Dal manoscritto al libro 2010” (Perrone). Alcuni suoi contributi poetici sono apparsi su riviste letterarie, blogs e spazi on line dedicati alla poesia. Ha pubblicato racconti sulla rivista per ragazzi “Un due tre stella” (Lupo ed.) e collaborato con artisti operanti sul territorio locale, curando i testi creativi di mostre fotografiche e installazioni.

Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà