mercoledì 10 aprile 2024

Ginevra Lilli e la sua poetica di "Magari martedì"

La freschezza, anzi la limpidezza della parola poetica emerge in tutta la sua icasticità nei versi di Ginevra Lilli, autentica e poliedrica artista e poetessa, immersa in questo regno parallelo e tuttavia concomitante della ri-creazione, o riedificazione estetica, per giungere ad un mondo più genuino, più umano, in fondo più bello. L’arte, il disegno, ma soprattutto la poesia, come quella di Ginevra, ha in un certo senso la responsabilità di riportare sul giusto binario l’uomo, attraverso proposte, indicazioni e suggerimenti che nascono spontanei dal proprio cuore di artista, ed espressi poi in modo efficace, in grado di impressionare e coinvolgere il pubblico, il lettore, i nostri fratelli di questa martoriata società umana.
Il progetto poetico di Ginevra Lilli, in questa silloge, dal titolo singolare “Magari martedì”, tende dunque a riproporre, a sé stessa ma anche al lettore, l’importanza dei valori su cui fonda la vera essenza dell’uomo: non soltanto esteticamente, in una ricerca dell’armonia del creato, della bellezza della natura, ma anche soprattutto dei valori inerenti all’essere uomo: responsabilità, libertà, pace e amore, ed inoltre consapevolezza del confine della vita, verso cui noi tutti siamo destinati ineluttabilmente: “Siamo più veri lì / mentre ci avviciniamo con passi sordi / al momento del guado / del fiume stanco della fatica di vivere”, declama la poetessa in una sua poesia, ma questo concetto è sottinteso anche in vari altri passaggi della silloge.
È dunque un panorama completo, quello che descrive e propone Ginevra Lilli, un panorama di emozioni e di visioni, di ricerca dell’essenza nell’uomo e nei suoi rapporti con il mondo, un panorama fatto di sensazioni e di riflessioni, ma anche di ricerca, del metodo più consono ad esprimere poeticamente questo mondo: parole adatte che la poetessa ricerca, ricrea, ritrova speranzosa (… magari martedì!...), nella consapevolezza della precarietà e della fluidità dell’esistenza quotidiana, che vede tutto passare velocemente senza lasciare tracce significative e precise nel tempo e negli spazi delle occasioni.
La sua è una poesia scandita prevalentemente con versi brevi, con parole e termini stentorei ma sempre dolci, affabili e invitanti, a comporre quadri, visioni e riflessioni ben precisi, tanto da fissarli in una sorta di diario virtuale, con l’indicazione del luogo e della data.
Un libro di poesie interessante e gradevole da leggere, da meditare.

Proponiamo ora alcuni brani tratti dal suo libro, invitando i nostri lettori ad esprimere qualche gradita riflessione in proposito.

Vorrei dirti

con lenta dolcezza

delle mie scoperte.

Storie pigre

insensate

e nemmeno questo

è perdersi.

Scordiamo ancora

di contarci.

Noi tutti sopravvissuti.

 

Roma, 10 luglio 2021

 

 ***

 

Siamo più veri lì

mentre ci avviciniamo con passi sordi

al momento del guado

del fiume stanco della fatica di vivere.

In questi chiaroscuri

fra crepe e incertezze

nell’oro esploso

dilaniante di contentezze

volte a farsi tagli

incisioni e sorte per farci nuovamente tornare

nella notte a mani nude

in cerca di stelle.

 

Firenze, 12 novembre 2019

 

*** 

 

Siamo qui

senza avvertire

altro che il peso

delle nostre parti.

E se senti è perché vivi

e, vivendo, si inizia a morire.

Morendo si impara a vivere.

 

Roma, 5 ottobre 2019

 

 ***

 

Arrivano, piccoli dromedari in fila

nel deserto. Le parole assetate

in fila, anch’esse legate

l’una all’altra. In fila

in apparenza obbedienti. In fila, acconsenzienti.

Sono qui e prorompono

dispettose, scarmigliate.

Si spingono a vicenda, scolarette

impertinenti.

Scimmie ammaestrate, che si tengono

per mano. Sono così

stasera le parole. Non si sa

dove ci vogliano portare.

Verso il lieto fine o verso uno scivolone

giù, verso la fine della pagina

senza conclusione, senza

un abbraccio o una stretta di mano

che dica: “ecco, ci rivediamo

presto. Magari, martedì”.

 

Roma, 29 ottobre 2015

 

 ***

 

Ridere e morire.

Il tuo amore

è un vento

che giunge a confortarmi.

Nord.

Sud.

Vivere e scappare. Vivere e tornare.

E vivere ancora. Vivere e capire.

Vivere e progredire.

 

Roma, 6 ottobre 2015

 

 ***

 

Dodici

 

Hai generato altre mille tue personali

verità, identità

fra loro discontinue

a ricoprire il tuo essere

nudo, di cui non hai più memoria.

Ti è costato fatica

seppellirti lì sotto

ti chiedo, o forse

meno

di quanto non sia stato facile

evitare di fare i conti

con le notti che ciascuno di noi contiene.

Replicante tu, come altri

mille e mille corpi ciascuno

così al riparo dalla propria coscienza.

 

Roma, novembre 2018

(dalla sezione “Pagine nere”)


Brani tratti dal libro "Magari martedì", di Ginevra Lilli, Marco Saya Edizioni, 2023; prefazione di Francesco Moschini.


Ginevra Sanfelice di Monteforte Lilli è nata a Roma nel 1972, dove tuttora vive e lavora.
Dopo studi in lingua francese e tre anni di permanenza negli Stati Uniti, ha conseguito studi universitari in comunicazione e giornalismo.
Autodidatta sia nella scrittura, fin da bambina, che nel disegno astratto, cui si è dedicata in seguito, Ginevra Sanfelice Lilli, questa la sua firma, è la figlia adottiva di Laura Lilli, scrittrice, femminista, critico letterario, poeta.
Ha esposto a Roma e a Milano. Nel 2013 presenta la sua prima personale, Fronte-retro, presso uno studio artistico di Roma. Nel 2014 esce la sua prima raccolta di poesie, Diario ordinario, edito da Marco Saya Edizioni, Milano, presentato al pubblico in contemporanea con la serie di diciannove opere in bianco e nero con lo stesso titolo.
La raccolta di poesie è stata segnalata al Premio Internazionale di Letteratura Città di Como, 2015. Nel 2016 ha esposto la serie Sogni a Milano, presso l’Officina Coviello, che prosegue la sua ricerca fra segno e parola.

mercoledì 27 marzo 2024

Lia Manzi e la sua poesia d'amore in "E' quasi primavera"

 

Ritorna, Lia Manzi, con questa sua silloge corposa, E' quasi primavera, ad offrirci la sua freschezza, il suo anelito di levità e di libertà che ha sempre costituito il fondamento del suo dire poetico.
Il suo è innanzitutto un mondo pervaso dal bene e dall’amore, filtrato dall’attenta analisi del suo giudizio critico che travalica, in un certo senso, va al di là delle negatività e delle oscurità che purtroppo invischiano la natura umana, per scendere nel cuore delle cose e dell’uomo, cogliendovi il seme della bontà e dell’equilibrio armonico di tutto il creato. Non è una visione semplicistica o addirittura ingenua, quella di Lia Manzi, bensì rappresenta quasi, anzi lo è, un invito a considerare il buono e il bello dell’universo, per poter dare un senso positivo all’esistenza, per viverla fino in fondo così come ci è stato concesso fin dall’origine.
Ed è per questo che la poesia, e in particolare la poesia di Lia Manzi, specialmente in questa silloge, diventa veicolo, tramite, di un canto ineffabile da rivolgere a Dio, per i credenti, o comunque a quell’Entità trascendentale che ha dato origine al Creato.
Lia Manzi ha un canto autentico e schietto, diretto, non fa uso di sovrabbondanze, giri di parole, metafore particolarmente artificiose: la semplicità del suo dire è insita nella sua stessa natura di donna e di poetessa quando esprime i sentimenti, quando descrive i panorami della natura, quando espone le sue riflessioni sul vero senso dell’esistenza, volto al bene e alla bellezza in tutte le loro forme.
Di conseguenza, il suo verso non ha bisogno di prolungarsi in altri meandri lirici che possano solo e semplicemente costituire una ripetizione di quanto ella intenda manifestare. Molti suoi testi sono brevissimi, anzi si fermano alla semplice enunciazione di un pensiero, una sola frase in cui però è racchiuso tutto il cuore del suo afflato poetico.
È un mondo luminoso e illuminato dalla bellezza, quello di Lia Manzi, un mondo pervaso dall’amore, che la poetessa esprime con grande trasporto di sensi e di sentimento, nella gran parte dei testi della raccolta; un amore che, anche con un delicato ed elegante erotismo, riluce nei momenti di maggiore intimità e nelle descrizioni degli stati d’animo e persino ambientali, quasi ad invitare tutta l’umanità a seguire percorsi di pace e di amore universali.

Rapimento

 

Mi troverai bagnata

sulla riva di una spiaggia

conchiglia.

 

Raccoglimi

ascolta il canto del mare

onde.

 

Toccami il dorso

apparirà il mio corpo.

 

Guardami

avvolgimi col tuo mantello.

 

 ***

 

Notturni

 

Piove, resto nel tuo corpo.

 

 

 ***

 

"Quasi autunno"

 

Ho acquistato un piccolo corallo rosa

un dono per me.

Se chiamo disordine le mie armonie

le parole serviranno a raccontarmi.

 

A settembre il vento presenta la sua allegria

potrei sognare il suo volto tutte le notti

dormendo fino al crepuscolo

all'alba svegliarmi.

 

Ho guardato il suo corpo

fin dove riuscii a raggiungere

quel folto cespuglio.

 

Siediti qui accanto al mio seno siamo solo noi due

non c'è più nessuno in questa nuova stanza

stendo a terra le lenzuola rosa come il mio corallo:

ti respiro.

 

 ***

 

 

"Autunno"

 

Ho raccolto foglie secche

è autunno

il vento le travolgerà

portandole via

con il tuo ricordo.

 

Profumano di pioggia le mattine

e nelle sere ancora qualche grillo

incontra nel canto la cicala

io, resto immobile all'ascolto

poi il silenzio.

 

 

 ***

 


Fiori

 

A maggio sono sbocciate le mie rose

il vento le tocca, profumano.

Sono nata anch'io

ritorno a sorridere al tempo.

Ondeggio respirando piano

mi spaventa la brezza, l'attendo.

Una primula gialla

vive nel suo nuovo viaggio.

È ancora primavera.

 

 ***

 

 

Teorema

 

Un poeta resta legato alle parole, vive e si nutre di esse.

Un poeta si disseta di attenzioni verbali

in assenza s'inaridisce.

Un poeta pone importanza alle parole,

sono come parti di un corpo.

Un poeta soffre e gioisce in maniera accentuata.

Un poeta non è mai una comparsa.


Brani tratti dal libro:

E' quasi primavera, di Lia Manzi, IoD Edizioni, 2023; prefazione di Stefano Taccone.

Lia Manzi è docente, laureata in teologia e filosofia, è Teacher Philosophy for Children.Nel 2010 ha pubblicato il suo primo libro di poesie Sogni d'amore, Phoebus edizioni. Nel marzo del 2015 pubblica il suo secondo libro di poesie dal titolo Qualcosa sul vento, IOD Edizioni. Nel settembre del 2015 ha ideato La Marcia Poetica delle donne e degli uomini scalzi, radunando molti poeti e poetesse, da cui è nata l'antologia poetica dal titolo, "Coro poetico per la pace, La marcia dei poeti, donne ed uomini scalzi”, IOD Edizioni. Nel 2017, pubblica il suo terzo libro di poesie dal titolo Come hai fatto a trovarmi, deComporre edizioni. Ancora nel 2017 è curatrice ed autrice di un'antologia poetica sul tema della Pace dal titolo Vestiamoci di pace, deComporre Edizioni. Nel 2018 pubblica il suo quarto libro di poesie, Il Canto di un nido, IOD edizioni. È creatrice ed autrice di eventi poetici, tra i quali, "Il silenzio di Dio", arrivato alla sua terza edizione. Ultimamente ha creato assieme ad altre due poetesse, un trio poetico, chiamato nel "Nel tempo poetico", dedicato a reading poetici a tema.





domenica 10 marzo 2024

"La parola in ascolto", di Lucianna Argentino

Il silenzio. Sembra strano, rimanendo in ambiente poetico, prendere in considerazione questo termine, che in un certo senso appare addirittura ossimorico, cioè opposto alla parola, al suono della parola, a ciò che la parola produce in chi l’ascolta. In effetti non è proprio così, e Lucianna Argentino ne è ben consapevole, tanto da, esperta poetessa qual è, approda, avvertendone l’intima necessità come afferma anche nella sua introduzione, ad un lavoro intenso e dettagliato sul silenzio, che intitola proprio La parola in ascolto. Non è un libro di poesie, ma tratta sicuramente di poesia perché solo un poeta, solo un creativo, un artista, sa cosa è il silenzio e soprattutto come questo sia intimamente legato alla poesia.
Non poteva esserci titolo più appropriato, dunque, perché per un poeta il silenzio è fondamentale: a parte i molteplici interessanti esergo con i quali Lucianna Argentino introduce il suo lavoro, ritengo peculiare la prima definizione che apre l’intero saggio: "L’ascolto è il terreno da cui nasce la parola poetica perché il silenzio è per l’anima ciò che lo spazio è per il corpo. Apertura. Esercizio. Intimo movimento di ciò che dà voce all’essenziale."
L’idea davvero singolare di Lucianna Argentino è stata quella di raccogliere, in questo libro, riflessioni e commenti intorno al concetto del silenzio, esprimendosi però con brani in prosa che hanno tutta l’atmosfera e la valenza della forma poetica. Certamente, sono riflessioni personali e condivisibili, e certamente hanno anche un contenuto filosofico considerevole, ma sono soprattutto moduli poetici autentici che indagano in profondità sui molteplici aspetti del silenzio, in tutte le sue articolazioni e relazioni con il mondo personale e con la quotidianità della vita di ognuno. "Il silenzio è"…: così inizia ogni modulo, con la susseguente definizione che ne completa il brano.
La parola in ascolto, dunque: non può esserci creazione poetica se non si attingono proprio dal silenzio quei brani, quei lacerti di mistero e di incomprensibile razionalmente, che siano poi in grado di formare una struttura propositiva poetica interessante e originale, che sia anche valida e condivisibile per tutti. Lucianna Argentino ha voluto donarci, con questa sua opera, un interessante contributo alla comprensione del mondo della poesia: da dove nasce e su cosa si fonda.

La parola in ascolto, di Lucianna Argentino, Manni Editore, 2021.

Libro presentato in occasione del secondo incontro 2024 della Rassegna "Poesia è... Rinascenza", di Melania Mollo e Giuseppe Vetromile. 

Pollena Trocchia (Na), 9 marzo 2024




 

 

 

mercoledì 6 marzo 2024

I "Futili arpeggi" di Antonio Spagnuolo

Non è affatto facile entrare nel mondo poetico di un autore come Antonio Spagnuolo: è un mondo complesso e articolato, dove la creatività si nobilita assumendo forme, contenuti e armonie poetiche di altissimo livello, e l’uomo-poeta non è più scindibile in uomo e in poesia, ma è e rimane un tutt’uno, un solo luminosissimo raggio, una sola incommensurabile Parola fatta di carne, di spirito e di pura Poesia, lungo tutto il percorso della sua vita. E Antonio Spagnuolo è Poeta, con la “p” maiuscola, perché nella sua persona è la poesia, quella vera, quella seria, quella sofferta e sperimentata attraverso anni di lavoro e di impegno, di ricerche e di studi, con una frequentazione assidua del mondo letterario, con pubblicazioni e saggi critici di grande spessore, con la fondazione e direzione di riviste letterarie importanti e collaborazioni con case editrici rinomate.
Dice giustamente Carlo Di Lieto nel suo saggio critico che completa, in appendice, la raccolta Futili arpeggi: “Antonio Spagnuolo, poeta di squisita finezza, prosciuga nella sua essenzialità il “pensiero iconico”, facendo emergere echi di un oltre inattingibile e cifre inquietanti di un’inconscia pulsione scopica”. E a rinforzare tale affermazione del Di Lieto, è lo stesso Spagnuolo quando ribadisce, nella sua nota introduttiva intitolata proprio “Cos’è la poesia?”, che la poesia è legata all’inconscio e l’inconscio è il luogo della poesia. Sappiamo benissimo che è veramente arduo definire cosa sia la poesia: molti non si esprimono in proposito, per non cadere nella banalità o nell’ovvietà, ma Antonio Spagnuolo può permetterselo, perché lo fa e lo può fare, con cognizione di causa, e nessun altro, o pochissimi, possono, a mio giudizio, proporre una definizione per la “poesia” che abbia un senso profondo, come da lui suggerito.
Ma veniamo a Futili arpeggi: brevemente, perché, come dicevo più su, il mondo poetico di Antonio Spagnuolo è vastissimo e non basterebbero pagine e pagine di commenti critici per circoscrivere esaurientemente la sua poetica. Il titolo, che sempre in qualche modo cela il segreto nocciolo significativo di una raccolta ben strutturata, evidenzia la ricerca quasi spasmodica, incessante e sovente infruttuosa (futile!...) di un altrove esistenziale e sentimentale, che soltanto con la poesia (arpeggi!...) può essere sperimentato, intuito e (asintoticamente) raggiunto. È quel pensiero iconico, ben sottolineato dal Di Lieto, che si configura nella poesia di Antonio Spagnuolo, quando travalica i confini della quotidianità per cantare un mondo di pura armonia, intriso di afflati emotivi e sentimentali, ricordi, memorie.
La poesia è un modo per scrutare nell’inconoscibile, per riportare in questa vita lacerti di quell’altra realtà, fatta appunto di ricordi, di sogni e anche di illusioni, tuttavia necessari ad alimentare l’anima. Un lavoro continuo e strenuo, che il poeta deve necessariamente compiere, perché, come declama Spagnuolo, “Fare poesia è attingere chimere, / ipotesi di azzardo e di speranze / con ritmo serrato oltre il silenzio.”

Riportiamo qui di seguito alcuni brani tratti dalla raccolta Futili arpeggi:


Fili

 

Ho appreso il canto argentato della sera

con la semplice follia delle mie nostalgie

ricamate con fili d’argento

alle pareti.

Ripetono un sussurro fianco a fianco

nel tepore della malinconia,

tra le porte che si affacciano sul nulla

e gli armadi ormai vuoti.

Fra la nuda verità che si attorciglia

su se stessa

e il profilo che esclude confini

riprender fiato è come spaccare il cuore!

 

 ***


Dentro la poesia

 

Governare i marosi delle idee,

per sostenere il flusso di parole

iridescenti al raggio di chimere

e ricamare al gioco come il vento,

così la penna scivola irrequieta

stregata dall’incanto di un pensiero.

L’altrove è come anelito sfiorato,

inquieto alla ricerca del sussurro

che anela ad una sorta di abbandono.

Sfugge realtà strumenti e vibrazioni

cercando quel filone colorato

che rinnova nel segno ogni pulsione.

Ecco il poeta inquieto e delirante

nel sentimento che trema per le attese,

proteso come il filo di aquilone,

o clown cadenzando l’infinito.

Fare poesia è attingere chimere,

ipotesi di azzardo e di speranze

con ritmo serrato oltre il silenzio.

 

 ***

 

Rapinando alfabeti

 

La chiave non è più segreta,

inquieta per quel diamante incompiuto

che ci riavvolge nel diverso rischio

di una rimessa in gioco.

Pulsa parole lasciando margini addensati

e simboli da decifrare al tocco.

Altro impegno ha il pulsante e la figura

si staglia nelle coordinate, o in slash,

affollando emozioni irrazionali,

delineando esplosioni colorate

per un diagramma colto di sorpresa.

In questo eterno scorrere a mezz’aria

punta trepidazioni ed esplorando

immagini si affollano

nel canovaccio di sottile incisione.

 

 ***

 

Catene

 

Inseguo confuso la tua assenza

quasi fantasma lieve al palpeggiare,

per riaccendere il sesso corrusco

che devastava richieste più scomposte.

A spargere rimpianti come carne

è un travisamento ad ogni segno,

perché rispondi tra mirti d’argento

con labbra in un debito peccato,

ritornando a tempeste fuori meraviglie.

Dissolta ogni incognita un sanguinario

fedele prestigio riprende occulte catene

e mi impaura ogni dubbio.

 

***

 

Galassie

 

Eri dolce nel sogno

tempo che scorreva indelicato

per le mammole scalze

e il passo lieve del midollo.

Ti voglio bene fu soltanto un sussurro

al bivio di galassie ormai smarrite.

Lento ruotare di pupille e ciglia

naufrago incespicando tra macerie

quasi impotenti ai riflessi

che erano allora ultimo messaggio.

Perdute traccia compromesse agli zigomi,

bianca e dorata in mille segmenti

ripeti giravolte e ritornelli.

 

***


Conteggio

 

È giunto il tempo di chiudere i conteggi

e affido il mio bagaglio di poeta

all’illusione dell’eternità.

Le virgole, i puntini e sospensioni

che bloccavano spesso il mio sussurro

pungono a piena pioggia nei ricordi.

Il brusio, poi ingoiato dal silenzio,

prometteva la landa desolata

o un cenno di splendente infinità.

Nel dubbio della fine che sorprende

tracce di gemme e di immortalità,

oggi è il frammento di un ultimo demonio

che declama il mio esitare vano

nell’ardente supplizio d’intervalli.


Antonio Spagnuolo, Futili arpeggi, La Valle del Tempo Ediz. 2024, con un saggio critico di Carlo Di Lieto.

Antonio Spagnuolo è nato a Napoli nel 1931. Ha fondato e diretto negli anni ottanta la rivista “Prospettive culturali”, alla quale hanno collaborato firme autorevoli. Redattore della Rivista “Realtà” al tempo di Aldo Capasso e Lionello Fiumi. Ha fondato e diretto la rivista “Iride”.
Ha fondato e diretto la collana “L’assedio della poesia”, dal 1991 al 2006, pubblicando Autori di interesse nazionale.
Presente in numerose mostre di poesia visiva nazionali e internazionali, inserito in molte antologie, collabora a periodici e riviste di varia cultura. Attualmente dirige la collana “Frontiere della poesia contemporanea” per La Valle del Tempo edizioni e la rassegna “Poetrydream” in internet. Presiede il premio “L’assedio della poesia”.
Tradotto in francese, inglese, greco moderno, iugoslavo, spagnolo, rumeno, arabo, turco.
Ha pubblicato più di 40 libri di poesia, quattro volumi di narrativa e due per il teatro.



giovedì 22 febbraio 2024

Il "Desiderare" poetico di Stefania Bortoli

Come appunta diligentemente Alfredo Rienzi nella sua dotta prefazione a questo nuovo libro di Stefania Bortoli, che qui segnaliamo, l’oggetto del “desiderio” è da ricercarsi in qualcosa che non si ha, o perlomeno che si cerca, nei meandri delle proprie visioni, dei propri sogni, dei propri progetti di vita. Desiderare è dunque il laconico titolo di una raccolta poetica che, assolutamente, laconica non lo è. Sic et sempliciter, il titolo racchiude in sé, come spesso accade, ed è buono che lo sia!, tutto l’ordito poetico della raccolta, il nocciolo, l’essenza di tutto il progetto; progetto che è ampio, articolato, diversificato, pur concentrato in quella parola, in quel verbo, “desiderare”, che è l’imperativo iniziale da cui e per cui muoversi lungo una linea esistenziale ed emotiva che va e prosegue oltre il sé, solca la natura e l’umanità, attraversa gli affetti, i ricordi, i luoghi, i momenti.
Già in Promessa di dire (Book Editore, 2016), avemmo modo di notare questo movimento del suo animo in tendenza verso il “desiderio” (“Il desiderio del tempo in attesa del disgelo”… https://transitipoetici.blogspot.com/2022/04/stefania-bortoli-e-la-sua-promessa-di.html del 25/4/22), e che ora si concretizza diramandosi in tutta la raccolta, esaltando ancora di più l’anelito della sua ricerca di un luogo (o meglio, un non luogo) dove vi si possano concentrare tutte le positività (i desideri) del mondo, in tutte le sue manifestazioni. E allora è indicativa anche la suddivisione della raccolta in varie sezioni, o meglio aspetti di questa realtà: “Il giardino dell’attesa”, “Canto del silenzio”, “Confini d’acque e isole”, “L’amore accade”, “La vita tenace”: tutte particolarità di fatti, di luoghi, di sentimenti, di riflessioni, che confluiscono nella grande aspettativa, o desiderio, di una realtà finalmente autentica, piena e del tutto aderente alle proprie visioni.
La poesia è un mare che bagna territori sconosciuti, ma che si intuiscono, sognandoli e prevedendoli, proprio grazie ad essa. La poesia dolce, melodica, intelligente e perspicace di Stefania Bortoli, in Desiderare, raggiunge e lambisce questi territori, i propri e anche quelli universalmente da condividere, in forza della sua potenzialità ad indicare, a suggerire, ad alludere ciò che di bello e di grande, di nobile, sta fuori di noi, a cui tendiamo progressivamente, per esserne sempre degni in un mondo che ancora tende a ripiegarsi sulla sua nullità.

Riportiamo qui di seguito alcuni brani tratti dal suo libro:


Si era addormentata

fuori dal tempo l’anima perduta

Dentro l’inconscio sogno

come profondo sonno

cieco

velato nei varchi dei sogni

 

Nelle vene esangui

l’eco remoto

del mio cuore desolato

 

In un’altra parte del tempo

aspettava una rosa purpurea d’aprile

 

 

***

 

Libera i tuoi occhi che vedono

l’ombra più scura

dove è intensa la luce

 

A gennaio

il seme è fiducioso

e riposa sotto la neve nel gelo della notte

 

Finalmente il giardino dell’attesa

è solitario – vuoto

Custodisce,

coltiva la mia solitudine allargando le braccia

 

Ai luoghi imprevedibili

si radica la parola poetica

immergendosi nell’ascolto

delle voci umane e delle ferite della terra

 

 

***

 

Ieri notte mi è venuto a cercare

un sogno color rosa

con un treno carico di animali.

Era segreta la destinazione –

forse andavano in un luogo di montagna.

 

Eppure, quel frammento di roccia

frantumata – ricoperta d’erica

mi ha condotta nel luogo di un ricordo perduto.

 

Mi sono ritrovata a salire

dove cresce indomita l’erica rossa – solitaria.

 

A marzo,

sfugge il canto degli uccelli

alle impervie rocce

sale dalla terra riarsa – deposita germogli e semi.

 

Ecco la tenacia della natura selvatica

in attesa di una lenta pioggia…

 

 

***

 

Quelle voci erano sussurri

lingue familiari ascoltate – interiorizzate.

Mi proteggevano

come una fantasia d’armonia

mentre tracciavano destini del desiderio

sotto la sabbia.

 

Ci pensò il corpo e la parola

a trasformare tutto ciò che non mi assomigliava.

A dare un nome alla passione del possibile

all’isola innominabile – inattesa.

 

E alla voce umana che esce dal mio corpo.

 

 

***

 

Non dimenticare

che esiste la linea di un orizzonte

sotto la casa che s’apre al cielo stellato

una striscia di terra feconda

sotto i piedi dell’Angelo

 

L’Angelo dell’ultimo silenzio ripone le ali

ora riposa –

o forse è in attesa?

 

Senza sforzo vede –

si offre alla necessità del volo

respira la vista in te smarrita

 

Al suo sguardo non sfuggono

le verità nascoste – il peso di una foglia

 

 

***

 

Nei campi incolti – lungo corsi d’acqua

crescono le margherite dei fossi

– i topinambur selvatici –

insieme li abbiamo trovati

nel vivo sole d’autunno

 

A novembre

mi fermo con la soletudine dell’heliantus:

si inchina a ricevere

la luce rara – ormai sparsa nel vento


Stefania Bortoli, Desiderare, Arcipelago Itaca Edizioni, 2023; prefazione di Alfredo Rienzi


Stefania Bortoli è nata a Thiene e vive a Pove del Grappa. Si è laureata in Pedagogia all’Università di Padova ed è stata docente di Lettere al Liceo Artistico.
Sue precedenti pubblicazioni: Voci d’assenza, 2012; Con la promessa di dire, 2016.
Sue poesie sono presenti in blog letterari quali “Di Sesta e di Settima grandezza”, “Blanc de ta nuque”, “Perigeion”, e nell’Antologia “Transiti Poetici” Vol. XXVII (2021).
Partecipa a rassegne, letture e incontri di poesia.

 


Alda Merini vista da Ninnj Di Stefano Busà